La tempesta perfetta del fisco si abbatte oggi su aziende e partite Iva. Il no del ministero dell'Economia alla proroga dei termini per gli adempimenti fiscali si traduce in 142 versamenti previsti da qui al 31 luglio per 4,5 milioni di contribuenti. Dopo la protesta dei commercialisti che minacciano lo sciopero in assenza di soluzioni alternative, anche Confcommercio lancia l'allarme liquidità e il rischio che le attività commerciali siano costrette a chiudere: «Abbiamo segnalato quanto siano severi i dati sull'andamento dei consumi: una caduta su base annua, a giugno, del 15% e di quasi il 30% nel complesso del secondo trimestre. Sono dati - scrive l'associazione - che rendono chiaro quanto sia difficile la situazione e quanto sia profonda la crisi di fatturato e di liquidità. Rinnoviamo, dunque, la richiesta al governo di prorogare le scadenze dei versamenti fiscali per saldo 2019 ed acconto 2020. Occorre che si prenda atto di una situazione che, di fatto, vedrà tantissime imprese e tantissimi lavoratori autonomi impossibilitati a procedere ai versamenti nei termini fin qui previsti (20 luglio o 20 agosto con maggiorazione dello 0,4%)». L'appello è di «riaprire i termini per i versamenti di saldo ed acconto almeno fino al 30 settembre e prevedere poi moratorie fiscali più ampie ed inclusive. Se così non fosse, il rischio chiusura si rafforzerebbe. E il suo impatto diretto ed indiretto sulla finanza pubblica sarebbe ben maggiore di quello derivante dalla proroga delle scadenze fiscali».
Ma il muro del Mef è netto, non c'è alternativa fa sapere anche il sottosegretario all'Economia del M5s Alessio Villarosa. Concedere un'ulteriore proroga inciderebbe, secondo gli uffici del ministero, sull'elaborazione delle previsioni delle imposte autoliquidate della Nota di aggiornamento al Def che deve essere presentata al Parlamento entro la fine di settembre. E soprattutto per il governo che aveva rinviato le scadenze ordinarie del 30 giugno e del 30 luglio con maggiorazione dello 0,4%, rispettivamente al 20 luglio e al 20 agosto, un nuovo slittamento a settembre avrebbe bloccato un flusso di cassa per oltre 8 miliardi in base alle stime. Il problema è che se è vero che causa pandemia i termini di giugno sono stati prorogati a luglio, il mese in corso è già di per se carico di adempimenti. Per questo i commercialisti continuano a chiedere di rinviare almeno la dichiarazione dei redditi e l'Irap. L'ingorgo però ormai è realtà.
E oggi è la giornata da incubo per gli imprenditori con 51 versamenti previsti, dall'Irpef (saldo 2019 e acconto 2020), all'Ires, all'Irap, all'Iva periodica e al saldo 2019 della cedolare secca fino al primo acconto 2020. Scatta anche il pagamento del diritto annuale alla Camera di Commercio e dell'imposta di bollo sulle fatture elettroniche del secondo trimestre 2020. E poi ci sono il versamento delle imposte e i contributi previdenziali sulla base della dichiarazione dei redditi per titolari di partita Iva. Entro il 30 luglio sono previsti però altri 65 versamenti. E il 31 luglio ulteriori 26, con la presentazione del modello per il rimborsi Iva trimestrale e quello per le operazioni effettuate con l'estero nel secondo trimestre 2020.
Critica anche la Confindustria: «Da una parte lo Stato cerca di dare sollievo alle imprese che soffrono per la mancanza di liquidità, dall'altra, però, non ha rinviato i versamenti fiscali in
scadenza domani, lunedì. Ne comprendiamo la ragione, ma soprattutto per le piccole imprese avrebbe avuto senso rimandare anche queste scadenze, per far riprendere fiato a chi faticosamente cerca di uscire dall'emergenza».
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