A Frosinone, grazie a un tema in classe, un'insegnante è intervenuta per strappare una ragazzina ai presunti abusi sessuali del padre. A Roma due genitori hanno sottratto la figlia 15enne a quelli di un insegnante che ne ha quasi quaranta di più. Da una parte c'è la scuola che scopre l'orrore e si attiva per proteggere il minore da un male che ha origine in famiglia, dall'altra è la famiglia a scoprire un orrore che nasce a scuola. Scuola e famiglia appaiono, attraverso queste due vicende di cronaca, come il Giano Bifronte, la divinità con due teste che rappresenta la doppiezza. Una cosa e il suo opposto: custodi e protettori del passato e del futuro, ma anche luogo dove il male ha origine. Un male che si può combattere solo se si ritorna a parlare di valori veri, se si riafferma come principio etico il senso di responsabilità di chi di queste istituzioni è parte. Un orrore che si può sconfiggere solo se si sostituisce allo sguardo superficiale quello capace di entrare in profondità. Le istituzioni sulle quali si fonda l'identità delle nuove generazioni sono in grave crisi. In esse sembra prevalere l'estraneità, che produce bulli, baby criminali e disadattati di ogni genere. Allora l'insegnante che sente l'obbligo morale di intervenire e i genitori attenti a un cambiamento che non ha nulla a che fare con quelli dell'età adolescenziale lasciano sperare che non sia tutto perduto. Lo diciamo spesso quando scopriamo questi orrori: bisogna guardare negli occhi i nostri ragazzi, fare uno sforzo per aprire le porte chiuse delle loro stanze e toccare il loro cuore. Impegnarsi per salvarli da loro stessi o dai mostri che a volte si trovano al loro fianco, che invece di proteggerli li usano per dare sfogo alle più basse perversioni. O per soddisfare il loro avido egoismo dipinto di rosa: «Ero innamorato», dice il professore che ha sedotto la ragazzina. E allora è fondamentale, per chi questi ragazzi li deve educare e salvare, non dimenticarsi mai di loro. Nonostante la stanchezza di giornate sempre più piene e ragazzini sempre più convinti, per dirla con Rovazzi, di «comandare», si può, e si deve, accompagnarli verso un domani sereno. La minorenne di Frosinone non aveva parlato con la madre. Ha trovato però il coraggio di scriverlo in un tema, forse nella speranza o nella certezza, che quella insegnante, capace di esserlo per davvero, la salvasse. Se c'è un vuoto da una parte, ci deve essere il pieno dall'altra: questa è una società civile.
Scuola e famiglia devono saper smascherare anche il loro stesso lato malato, denunciando e cambiando le regole che in qualche modo quel male possono alimentarlo. È attraverso queste istituzioni, custodi e centri della vita umana, che si costruisce il futuro.
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