Milano «Dove ci porterà questa vicenda? Speriamo non al camposanto. In questi mesi non so come sono riuscito ad andare avanti senza che la testa mi scoppiasse». Domenico Del Zotto, 55 anni, di Nova Milanese, è il figlio di Giovanni Battista e fratello di Daniela, rispettivamente 94 e 62 anni, morti il 2 ottobre scorso per una intossicazione da tallio, un veleno pericolosissimo. Lo stesso che undici giorni dopo ha ucciso anche la madre 87enne di Domenico e portato in ospedale l'altra sorella, suo marito, la badante dei genitori e, il 13 novembre, anche i suoi suoceri. Ed è a casa loro, dei suoceri di Del Zotto, che i carabinieri hanno rinvenuto il tallio in una tisana preparata con erbe sfuse.
I suoceri erano in buoni rapporti con lei e la sua famiglia?
«Ottimi. Venivano spesso a trovare i miei, ma non credo siano mai stati, ad esempio, a casa delle mie sorelle. Il cuore di questa brutta storia a mio parere è e resta proprio l'appartamento di mio padre e mia madre. Dal quale loro, infermi, non si muovevano mai. Lì, oltre alla badante e a noi figli, si recavano frequentemente anche mio zio, il medico curante, i miei suoceri e il parroco di Nova. Che però non sono mai stati controllati».
Critico con gli inquirenti?
«Non mi permetterei mai. Il direttore del Centro antiveleni della Maugeri di Pavia, Carlo Locatelli spiega però che i sintomi violenti da avvelenamento da tallio arrivano già 72 ore dopo averlo ingerito».
Cosa vuol dire con questo?
«Che i controlli e i sospetti sulla presenza del veleno nella casa dove i miei passavano le vacanze sono durati fino alla fine di ottobre. Solo allora le indagini si sono concentrate definitivamente a Nova. Non so se mi spiego...».
Locatelli conferma quel che lei dice. E sostiene che seppure ci siano stati molti avvelenamenti dolosi da tallio, la sostanza è responsabile anche di tanti casi accidentali che hanno riguardato sempre gruppi di persone, famiglie.
«Gli otto contaminati della mia famiglia costituiscono la metà dei casi trattati negli ultimi vent'anni in Italia dal Centro antiveleni. Non credo ci sia del dolo in tutta questa vicenda: pensarlo vorrebbe dire che c'è un avvelenatore che spara ovunque, dove capita. O qualcuno che dovrebbe avercela con tutti tranne che con me. O, al contrario, ce l'abbia talmente con me da crearmi il vuoto intorno...Si rischia d'impazzire».
Ma lei si sarà pur fatto un'idea. È possibile che i suoi genitori e sua sorella siano stati uccisi da una tisana?
«Sono la memoria storica di tutta questa brutta storia. Ma è come se vedessi la pioggia cadere al contrario. I dettagli poco chiari sono ancora troppi. A casa nostra hanno controllato i generi alimentari e tanto altro: tutti prodotti risultati confezionati.
Non riesco a mettere insieme questo elemento con la tisana che rinvenuta sciolta in una terrina. Insinuano che il tallio potesse essere usato dai miei suoceri come diserbante per l'orto? Io non so nemmeno se lo coltivassero l'orto...».
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