Toccata e fuga. E i 16 migranti del Bangladesh e dell'Egitto giunti mercoledì nel porto albanese di Shengjin, a circa un anno dall'accordo Italia-Albania, per essere ospitati nel nuovissimo centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader, sono già rientrati nel Belpaese. Tutti quanti. Dopo i primi quattro, di cui 3 del Bangladesh e un egiziano, che erano rientrati in Italia praticamente subito dopo l'arrivo in Albania, perché la loro situazione non rientrava negli accordi, dal momento che due, nel pre-screening su Nave Libra della Marina militare, si erano dichiarati minorenni, e due sono considerati vulnerabili, i restanti 12 sono arrivati ieri. Questi ultimi sono 7 bengalesi e 5 egiziani di età compresa tra i 39 e i 21 anni. Sottoposti all'esame accelerato delle domande d'asilo, sono risultati provenienti da Paesi che secondo il governo italiano sono sicuri, ma non secondo i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma che, infatti, non hanno convalidato il loro trattenimento all'interno del centro di permanenza per il rimpatrio di Gjader. Il governo italiano ha, quindi, dovuto predisporre il rientro di tutti e 12 i migranti in Italia. In breve, «il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane» è stato causato dalla «impossibilità di riconoscere come Paesi sicuri gli Stati di provenienza delle persone trattenute con la conseguenza dell'inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia». Così, succede che altri Paesi guardano al modello italiano quale esempio da mettere in opera per contrastare in maniera reale, decisa e decisiva, l'immigrazione clandestina, in quanto un centro di permanenza per il rimpatrio in un altro Paese rispetto alla meta iniziale crea di fatto un deterrente alle partenze e il conseguente danneggiamento alle organizzazioni criminali che organizzano i viaggi della speranza che mettono a repentaglio la vita dei migranti, e nei Paesi che guarderanno al modello Italia si punterà in modo concreto a una velocizzazione delle procedure dei rimpatri. Nel Belpaese, invece, ci si continua a gettarsi la zappa sui piedi. E non è la prima volta. Se le cose dovessero proseguire in questo modo, agli italiani resterà la gloria di avere indicato agli altri la via da seguire per osteggiare gli ingressi irregolari sul proprio territorio, ma nulla di più, mentre gli altri Paesi raccoglieranno i frutti dell'emulazione. I 12 migranti sono approdati al terminale crociere del porto di Bari ieri pomeriggio intorno alle 15.30. Erano partiti verso le 9.30 dal porto di Shengjin, in Albania, a bordo della motovedetta della guardia costiera italiana «Visalli». A Bari, viste le procedure di routine che erano state effettuate in Albania, non è stato disposto nessun dispositivo di soccorso sanitario.
Ad attenderli c'erano due minivan, messi a disposizione dalla prefettura, che li ha condotti al Cara, il centro di accoglienza per richiedenti asilo, della città. La loro richiesta di asilo era già stata respinta, ma adesso avranno 14 giorni di tempo per fare ricorso. Per i quattro minorenni e vulnerabili è prevista la protezione umanitaria.
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