I pronto soccorso già in crisi. Piano per la seconda ondata

Emergenze chiuse al Sacco. Sopra le 400 rianimazioni aprirà l'ospedale in Fiera. Si cercano medici e infermieri

I pronto soccorso già in crisi. Piano per la seconda ondata

La priorità è fermare i contagi «a monte», curando i positivi a casa. Ma non si esclude di arrivare ad affrontare il virus «a valle», cioè nelle terapie intensive, dove già stanno convogliando i casi più gravi (anziani e non), al momento 72, più 8 nella giornata di ieri.

I letti ci sono e verranno aumentati gradualmente in base alle necessità. In Lombardia, dove il contagio ha preso una velocità preoccupante, i letti ancora liberi sono 70, cioè ne risulta occupato uno su due. Ma non saranno gli unici letti di rianimazione. Nessuno a questo secondo giro di pandemia ha voglia di farsi cogliere impreparato, né di mettersi a scegliere chi rianimare e chi no.

I contagi stanno prendendo un ritmo insostenibile e i dati lievitano ogni giorno, tanto che ieri il pronto soccorso dell'ospedale Sacco, uno dei cinque hub di riferimento Covid in Regione, ha dovuto chiudere il pronto soccorso per troppi casi (solo pochi gravi), dirottando le altre emergenze del 118 altrove. È stato necessario bloccare per qualche ora alcune specialità, ad esempio pneumologia, per avere il tempo di convertire il reparto interno in letti Covid.

Il «piano seconda ondata» in Lombardia è pronto già dalla metà di giugno e potrebbe scattare ben prima del previsto. Finché i ricoveri in terapia intensiva saranno sotto quota 400, i malati verranno convogliati principalmente nei cinque hub ospedalieri: Niguarda, Policlinico, Sacco, San Paolo e San Carlo a Milano e l'ospedale di Bergamo che mai si sono dichiarati Covid free nè hanno mai chiuso i reparti ma sono sempre rimasti pronti a eventuali sorprese.

Il giorno in cui i ricoverati bisognosi di respiratore e assistenza intensiva saranno più di 400, allora entreranno in funzione altre 12 strutture, tra cui la Fiera di Milano. Al momento il reparto nuovo di zecca, rimasto quasi del tutto inutilizzato la scorsa primavera, ha 54 letti attrezzati disponibili ma potrà arrivare a fornire 211 posti, compresi i 64 letti al secondo piano della struttura, dove fino ad oggi si è pensato di allestire un poliambulatorio (mobile) per affrontare le conseguenze del post Covid. I tecnici del Policlinico stanno lavorando al progetto ma, in caso di nuova emergenza, fermeranno tutto e riconvertiranno l'area in terapia intensiva.

E poi c'è la fase tre, quella a cui non vorremmo mai arrivare ma che, per dovere, va studiata già da ora. È la fase in cui i ricoveri in terapia intensiva saranno tra gli 800 e i mille. Significa che i posti verranno cercati ovunque, negli altri reparti, nelle sale parte e nei padiglioni riconvertibili.

«L'evoluzione epidemiologica di questi ultimi giorni ha determinato l'attuazione completa della prima fase del Piano ospedaliero regionale, approvato dalla giunta il 16 giugno scorso - spiega l'assessore al Welfare della Regione lombardia, Giulio Gallera - che prevede la disponibilità di 1.550 posti Covid nei 18 ospedali hub: 150 posti di terapia intensiva, più quelli di sorveglianza sub intensiva e altri posti letto nei reparti».

Il problema sarà reclutare personale a sufficienza per gestire tutti i reparti, ma in Regione assicurano che si sta già lavorando a qualche ipotesi per avere medici e infermieri.

Prima di arrivare a riempire gli ospedali si cerca tuttavia di combattere con le altre armi a disposizione, finchè ha ancora senso usarle: i tamponi innanzitutto.

«Uno sforzo notevole sarà effettuato anche a livello di tracciamento dei casi - aggiunge Gallera - con l'impegno a lavorare per raggiungere 40mila

tamponi giornalieri (oggi se ne processano sui 30mila). Ai tamponi molecolari si aggiungeranno quelli rapidi, che saranno disponibili nelle prossime settimane. Saranno impiegati sia nel settore scolastico che sul territorio».

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