La partita non è riaperta. O meglio, non come avrebbe voluto Enrico Letta. L'accordo stipulato con Carlo Calenda ha rimesso in discussione l'alleanza tra Pd, Sinistra Italiana e Verdi.
Un problema non da poco per il campo largo che vorrebbe costruire Letta. Secondo l'ultima rilevazione di Youtrend, i rossoverdi, alleati con il Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte, sottrarrebbero ben 14 seggi alla coalizione di centrosinistra. Ma, al di là di queste considerazioni, anche qualora rientrasse la rottura con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, la vittoria per il «campo largo» di Enrico Letta non sarebbe a portata di mano. Sono troppi i punti di distacco dal centrodestra. «Al momento il Pd vale il 23%, Azione/+Europa il 6% e, anche aggiungendo il 3-4% delle altre formazioni minori, si arriva al massimo al 33-34%», spiega Alessandro Amadori, direttore scientifico di Yoodata, convinto che difficilmente Carlo Calenda possa ottenere gli altri 10 punti necessari per arrivare a un pareggio. «Diciamo che quel che prima era un 3-0 è diventato un 3-1», sentenzia l'esperto. Nicola Piepoli, decano dei sondaggisti, si focalizza sui collegi uninominali che sono quelli determinanti per la vittoria finale e dove il centrodestra, allo stato attuale, «è in vantaggio 60 a 40». Ma non solo. Visto e considerato che l'accordo stipulato ieri prevede che il 30% dei candidati spetti ad Azione+Europa, «bisognerà capire dove conta Calenda anche perché, per quanto sia un demone in campagna elettorale, - dice Piepoli - da qui a riuscire a far vincere la sinistra c'è un abisso».
L'ex ministro allo Sviluppo Economico, infatti, ha avuto un risultato più che lusinghiero quando si è presentato come sindaco di Roma (20%), ma «all'epoca Roma cercava un outsider», spiega Amadori. Ora, invece, non vi sarebbe alcun motivo per «un elettore di destra dovrebbe votare un partito alleato del Pd», aggiunge il direttore scientifico di Yoodata che non vede «una fuga di elettori di destra verso sinistra perché c'è Calenda. Lui non catalizza un voto personale come fa Silvio Berlusconi». Al momento, però, nessun risultato è già scritto perché il 40% degli elettori è indeciso e vi potrebbe essere una grande volatilità del voto. «Il centrosinistra dovrebbe fare una campagna elettorale straordinaria per sovvertire il risultato», sentenzia Renato Mannheimer, convinto del fatto che Calenda, da alleato del Pd, non possa rubare molti voti al centrodestra. Il discorso sarebbe stato diverso se il leader di Azione avesse puntato alla creazione di un polo di centro.
Anche Maurizio Pessato di Swg dubita che vi sarà un grande travaso di voti da Forza Italia ad Azione solo perché alcuni esponenti azzurri hanno cambiato casacca. «In genere, lo spostamento di dirigenti sia solo uno spostamento dirigente», dice Pessato. In definitiva, tutti gli esperti sono concordi nel ritenere che il centrosinistra, con questa mossa, possa solo contenere i danni (ammesso che Fratoianni e Bonelli rientrino nei ranghi) di una sconfitta annunciata. «Tutto può succedere, ma è molto difficile che Calenda prenda il 10%», ribadisce Mannheimer. «Il fatto che si sia alleato col Pd gli abbassa il bacino potenziale di voti», gli fa eco Amadori. L'unico beneficio di questa operazione è più apparente che sostanziale.
Il centrodestra, agli occhi dell'opinione pubblica, appare più compatto, mentre un «campo largo» che vada da Calenda a Fratoianni, potrebbe dare la parvenza di avere un minimo di offerta politica. Ma solo la parvenza...
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