Federico Malerba
Ibernati dal Pleistocene, ci hanno messo qualche settimana prima di scongelarsi: poi hanno iniziato a muoversi e a mangiare. E chissà che fame avevano, dopo 41.700 e 32.000 anni (rispettivamente) i nematodi preistorici riportati alla luce e alla vita dagli scienziati che li hanno trovati in Jacuzia, nella Siberia orientale, intrappolati da tempo immemorabile in alcuni blocchi di permafrost.
Per i non addetti ai lavori i nematodi sono dei vermi, tipicamente di lunghezza compresa fra 2 e 5 micron, e il permafrost è il sottosuolo perennemente ghiacciato che si trova soprattutto nelle zone artiche; gli scienziati invece sono ricercatori dell'Istituto russo di Scienze della terra e del Dipartimento di geoscienze dell'Università di Princeton, in New Jersey. In una zona vicina alla riserva naturale del Parco del Pleistocene hanno prelevato più di 300 campioni di terreno e poi li hanno portati a Mosca per analizzarli in laboratorio. E qui ecco la sorpresa: nel permafrost trovato a 30 metri di profondità erano presenti nematodi del genere Panagrolaimus, mentre in quello trovato a 3,5 metri di profondità ce n'erano altri del genere Plectus.
Posizionati nelle piastre di Petri (vetrini utilizzati per le colture cellulari) con un nutriente, e tenuti a una temperatura di circa 20 gradi per diversi giorni, i vermicelli si sono lentamente risvegliati. L'importanza scientifica dell'evento non riguarda solo il fatto in sé (già nel 2000 altri scienziati riuscirono a riportare in vita un batterio vecchio 250 milioni di anni) ma soprattutto le informazioni che questi organismi potrebbero fornire in tema di crioconservazione.
I meccanismi biochimici che utilizzano per resistere a temperature così estreme, una volta decifrati, potrebbero consentire di migliorare le tecnologie attuali. E non tanto per ibernare esseri umani viventi bensì per conservare meglio i tessuti umani destinati ai trapianti: «I meccanismi adattivi dei nematodi del Pleistocene possono avere importanza scientifica in diversi campi - hanno spiegato i ricercatori, - ad esempio nella criomedicina, nella criobiologia e nell'astrobiologia».
Ma il fatto che la vita di questi microrganismi possa riprendere da dove si era interrotta anche a distanza di ere geologiche non porta con sé solo conseguenze positive. Se i nematodi non sono nocivi per gli esseri umani altrettanto non si può dire di batteri, funghi, piante e perfino animali che il permafrost potrebbe liberare.
Una pericolosa conseguenza dell'innaturale scioglimento dei ghiacci dovuto ai cambiamenti climatici, tema che in quest'estate bollente anche a latitudini impensate (punte di oltre 30 gradi anche al di sopra del 70° parallelo) è tornato improvvisamente d'attualità...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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