Milano - Imane Fadil, una delle testimoni del caso Ruby, è morta per un'aplasia midollare. Questa la conclusione riferita dalla Procura di Milano dopo sei mesi di indagine. Anche se, si precisa, sono ancora in corso di accertamento le origini della patologia che il primo marzo scorso ha ucciso la giovane marocchina ricoverata da un mese all'ospedale Humanitas e alcuni campioni di tessuto prelevati dalla salma sono stati crioconservati.
Gli inquirenti hanno quindi dato il nulla osta alla sepoltura. E va verso la richiesta di archiviazione l'inchiesta aperta per omicidio volontario (l'ipotesi era di un avvelenamento). Sarebbero state escluse anche le responsabilità mediche. «Vogliamo una risposta chiara, vogliamo capire come è morta. Questa non è una risposta. Non è possibile che in poco tempo se ne sia andata via così - dichiara Tarek, il fratello della vittima -. Faremo il nostro funerale, devo parlare ancora con la mia famiglia per capire come e dove, se qua in Italia o in Marocco». La famiglia della modella 34enne è assistita dagli avvocati Mirko Mazzali e Nicola Quatrano e un suo consulente ha partecipato agli accertamenti medico legali.
Nell'ambito delle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Luca Gaglio e Antonia Pavan sono stati eseguiti «tutti gli accertamenti possibili». La conservazione dei campioni è stata disposta per avere la possibilità in futuro, nel caso in cui si rendesse necessario, di svolgere ulteriori analisi. La relazione degli esperti, guidati dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, non è ancora stata depositata in Procura. Sarebbe però emerso con certezza che Imane Fadil è deceduta per cause naturali.
Il suo midollo non riusciva più a produrre globuli rossi. Nessun omicidio e nessun avvelenamento doloso. In un primo momento si parlò di una presenza anomala di metalli nel sangue della giovane donna e persino di tracce di radioattività oltre che nel sangue, nelle urine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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