Le continue virate a sinistra di Carlo Calenda hanno fatto implodere il Terzo polo. Ormai è chiaro: Matteo Renzi vuole stare al centro, sul modello di Renew Europe di Emmanuel Macron, mentre il leader di Azione non vuole rinunciare all'alleanza col Pd, dunque col Movimento 5 Stelle. E infatti il nuovo gruppo renziano, slegato dalla formazione dell'ex ministro dello Sviluppo economico, si chiamerà Italia viva-centro riformista. Forse Iv perderà qualcosa alla Camera, con l'ex scout e ministro Elena Bonetti, lanciata da Renzi in politica, pronta a passare con gli alleati dei dem. Ma al Senato Calenda, non avendo i numeri, sarà costretto a passare al Misto. Con chi? Con la stigmatizzata, almeno in campagna elettorale, Avs, ossia la formazione di Angelo Bonelli e Simone Fratoianni. L'unica speranza per Calenda è Cateno De Luca con il suo di partito. Ma le trattative per un gruppo unico sono ferme al palo.
La scossa, dopo settimane di tensione, la dà Roberto Giachetti: «Ha ancora senso che Azione e Italia Viva continuino a stare insieme? Diamo un elemento di chiarezza, ognuno starà dalla sua parte, e sapremo che abbiamo anche un altro avversario politico. Ma continuare così mi sembra assolutamente non solo devastante ma anche deprimente. Ma questa è la mia opinione che sicuramente non sarà raccolta», dice a Radio Leopolda. La chiave di violino che dà il là alle dichiarazioni. Calenda, confermando le sue intenzioni autonomiste, raccoglie. «I gruppi lavorano bene insieme su molte questioni di merito. Ma non vi è dubbio, dal salario minimo alla commissione Covid e all'elezione diretta del premier stanno emergendo differenze rilevanti. Nei prossimi giorni verificheremo con i vertici di Italia Viva le loro intenzioni», afferma l'ex candidato a sindaco di Roma.
Sono almeno tre i motivi della rottura. Sono tutti fondati e Calenda stesso li ha nominati nella sua diagnosi: la commissione d'inchiesta sul Covid (Azione l'ha votata ma ora non la vuole più), l'elezione diretta del premier (era nel programma elettorale che Calenda stesso ha firmato ma ora l'ex ministro si dichiara contrario), la firma sulla proposta unica di Giuseppe Conte sul salario minimo da parte dell'ex compagno di viaggio di Matteo Renzi. Azione già vuole essere il junior partner del Pd di Elly Schlein e questo è ritenuto inaccettabile dai renziani.
La coordinatrice nazionale e senatrice d'Iv Raffaella Paita incalza e mette gli azionisti davanti alla realtà dei loro ripensamenti: «Sull'elezione diretta del premier, sul salario minimo, sulla commissione Covid noi non cambiamo idea rispetto alle cose che dicevamo in campagna elettorale. Si al sindaco d'Italia, no alla proposta Conte Cgil e facciamo chiarezza sui soldati russi in Italia, sui banchi a rotelle e sulle mascherine». Un capitolo a parte merita la difficoltà di Mariastella Gelmini e Mara Carfagna: le ex azzurre non riescono a digerire il sostegno di Calenda a Cappato nel collegio che fu del presidente Silvio Berlusconi. E non sono esclusi colpi di scena.
L'ex premier Matteo Renzi farà un'operazione per occupare da solo o quasi il centro della scacchiere (almeno lo spazio che c'è tra centrodestra e centrosinistra), mentre Calenda ha deciso, continuando a inviare messaggi al Pd, di puntare al «campo largo».
Legittimo ma non condiviso dai renziani, che ad esempio non possono accettare la difesa a spada tratta dell'operato dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza. E tutto questo accade con le elezioni europee quasi alle porte.
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