Il giorno è oggi: alba, motore, frizione, cambio, decollo lungo, primo semaforo, alt, soprassalto emotivo dei cinque congiunti adattati alla capienza della midiutilitaria, la saetta di un moccolo: «Abbiamo lasciato acceso lo scaldabagno!». Che si fa?, si torna? Per forza, si torna. Quel siluro di boiler, di sola bolletta Enel si mangia le ferie, basta figurarsi la spia che si spegne e riaccende; quindici giorni e quindici notti di energia pendolare nell'appartamento deserto, cinquanta litri di acqua potabile destinati a sbollentarsi per nessuno. E, allora, back: motore, frizione, cambio, portone, ascensore, giro di chiavi, porta col dispositivo dall'allarme nuovo e non ancora abitudinario, sarebbe bastato un accorgimento ma chi ci pensava?, ecco altissima la sirena, s'alza a spirale nella tromba delle scale, tre secondi per tamponarla, già si aprono le porte dei rimasti, meglio entrare in fretta, serrare il siluro, riuscire cauti, ascensore, autostrada. Sono le sei. Sorge un sole che ve la darà lui. Meno male che la nonna ha il ventilatore a pile fatto a Hong Kong. La corsia di sorpasso è tutta una nonna. A Lodi, la pila è scarica, già s'allarga una petizione generale di pipì, niente è più remoto del villaggio turistico calabro. La tabella di marcia, fatta con l'Olivetti elettrica della ditta, era tassativa ma ora, neanche a Piacenza Sud, comincia a disossarsi come la lira. Patrizia che vuole il croissant all'autogrill sarebbe niente, è la diaspora che monta. Nel letto dell'Autosole, ciò che nei mesi cosiddetti lavorativi di questo 1975 era corteo sindacale, lotta di popolo e sedizione degli oppressi da Fanfani, si è «mississippizzato» in vetture di tutte le taglie, stormi affiancati e complici nella trasvolata della Padania, meta la balneazione. Si vedrà a settembre inoltrato come combinare la tristitia post voluptatem col nuovo modello di sviluppo. Se, allora, sarà il caso di menarsi, bene: ci si affronterà, almeno da abbronzati, tutti in forma come Otelo de Carvalho reduce da Cuba. Adesso bisogna riposarsi dalla conflittualità permanente, niente è più logorante dello sciopero selvaggio. Quello a singhiozzo, poi, debilita. Partire a plotoni affiancati affrontando anche l'usura di una trasferta resa lenta dal gommone sull'imperiale, significa ripristinarsi ideologicamente. In fondo il gioco è più sottile di quanto non appaia: i lavoratori succhiano energie dalla ultima estate dell'economia di mercato per riversarle, ad autunno fatto, nell'avanzata socialista. Insomma: andare in ferie oggi con la busta-paga del capitale, e rinfrancarsene per poi battere meglio la confindustria, è azione politica di classe. Lo slip diventa una sfida. Il tanga una arma impropria. Imprenditori: non illudetevi. La colonna semovente del Primo Agosto transita da Cantagallo a contatto di maniglie. Lenta, solenne, il biancore delle nonne, il turgore delle spose, la Lacoste-imitazione dei bambini, la grande migrazione del Quarto Stato brucia in un giorno tanta benzina da far piangere La Malfa e ottenere la scena madre nei telegiornali, mandati in onda presto per austerità.
Stanotte, prima che anche il sabato spunti, metà del grosso sarà in linea e l'altra metà in ulteriore avvicinamento. Finché tutto si placherà e sembreremo un paese ammollo. Si dice ammollo per intendere coi piedi in acqua, non fraintendetemi. Non succederà nulla di rilevante anche perché già tutto è accaduto: Carli ha preso le distanze, Moro ha fatto il discorso soft a Helsinki, Umberto Agnelli s'è fidanzato col Pci, il telefono si prende lo scatto non si paga, Pajetta dice a chi lo gettona in un giornale milanese del pomeriggio che: allinearsi o sentirsi picchiare in testa, la pace sociale regna dunque sull'esodo. Perfino Bernacca sembra disposto a non dar conto di eventuali linee di perturbazione atlantica.
Perché mai insidiare i meritati ozi di un popolo democratico e antifascista? Qualche morto di migrazione qua e là sull'inutile e abnorme rete autostradale italiana non farà storia. I parenti saranno avvertiti. Il ministro dell'Interno mica scherza.1° agosto 1975
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