Intercettazioni all'italiana

Intercettazioni all'italiana

Ci permettiamo di consigliare al governatore Zaia di apprendere una lingua antica e ostica, ad esempio l'aramaico o l'ugaritico. Il dialetto veneto, che egli afferma di parlare al telefono, è infatti tutto sommato troppo semplice, e anche se il mitico brigadiere all'ascolto delle intercettazioni è sempre dipinto come calabrese o siciliano, qualcuno che possa tradurre dalla lingua di Ruzante e di Goldoni alla nostra si trova. Si cerca di scherzare per non piangere, ma soprattutto per non annoiarsi. Quante volte abbiamo letto commenti contro l'abuso delle intercettazioni, chi scrive ne deve avere a sua volta vergati qui almeno un paio solo negli ultimi mesi. E le critiche sono sempre le stesse. Quantità abnorme di ascolti rispetto ad altri paesi, con relativo esborso di danaro pubblico (intercettare costa), facilità con cui essi vengono concesse dai magistrati, per cui a essere spiati non sono solo mafiosi e terroristi, come deve essere, ma uno spettro amplissimo di cittadini. Minaccia quindi di un Grande Orecchio, tipo Stato del controllo alla cinese, che raccoglie riformazioni su persone neppure indagate. Ed è vero che, dopo un certo tempo, i file devono essere distrutti ma in quel lasso le fughe di notizie si susseguono. Che poi è il lato francamente più intollerabile: le intercettazioni finiscono nelle redazioni di alcuni giornali, per altro sempre gli stessi, gli amici delle procure.

E da lì comincia l'omicidio del carattere, quella che in inglese si chiama character assassination e che in linguaggio da trivio si chiama sputtanamento. E infatti, alla fine, la più grave responsabilità, da un punto di vista etico, ricade proprio sulla stampa. Perché negli altri paesi non si leggono mai intercettazioni? Perché l'Ordine dei giornalisti non inserisce, nel suo codice attento alla tutela di tutti, anche quella dei cittadini spiati? Non appena giungono (illegalmente) le intercettazioni ai giornali, comincia una pochade, in cui entrano in scena i buoni e i cattivi, e a definire le parti sono le redazioni, montando ad arte titoli e virgolettati, in modo che quelli che esse considerano nemici politici finiscano per apparire dei mostri. È quello che sta accadendo anche ora nella diatriba tra Zaia e Crisanti. La questione è molto tecnica, di difficile comprensibilità, ma alcuni quotidiani hanno già decretato che Crisanti sarebbe l'eroe della scienza, lancia in resta, in nome di ragioni ideali, contro il bieco e rozzo governatore leghista. Ovviamente Crisanti, tanto idealista da essersi fatto eleggere deputato con il Pd, ha subito politicizzato la vicenda, arrivando addirittura a dimettersi da docente patavino, un gesto del tutto incomprensibile e, dal nostro punto di vista di professori universitari, assurdo.

In tutto questo, al momento, né Zaia né Crisanti sono indagati. Ma a leggere certi giornali, il primo sarebbe già condannato. Non resta allora che gridare «forza Nordio», affinché metta la parola fine a questa barbarie del diritto che sono le intercettazioni all'italiana.

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