"Io cresciuta in fretta per mia madre malata. Vorrei mi avesse visto diventare rettrice"

La prima donna in cent'anni a guidare la Statale Marina Marzia Brambilla: "A casa? Mi aiuta mio marito"

"Io cresciuta in fretta per mia madre malata. Vorrei mi avesse visto diventare rettrice"

Quando le abbiamo chiesto l'appuntamento avevamo ancora l'agenda scorsa... Eletta a giugno, insediata (di fatto) a ottobre, ha avuto giusto un paio di cose da fare. Ma, complice uno staff delizioso (che dice già molto di lei) l'incontro è saltato fuori. E una volta nel suo ufficio pieno di libri, luce e rigogliosissime piante non ci ha lesinato il suo tempo. Che Marina Marzia Brambilla, classe 1973, sia la prima rettrice dell'Università Statale in cent'anni di Università Statale è ormai noto. E ha già iniziato ad occuparsi del suo incarico con tutto il senso di accudimento di cui una donna è capace: sistemando «la casa» (le sedi dell'Università), occupandosi dei «figli» (gli oltre 60mila studenti iscritti) e ascoltando le esigenze dei «conviventi» (il personale dell'ateneo). Un matrimonio, quello tra lei e via Festa del Perdono, che quest'anno festeggia i ventun'anni. Qui però racconta anche di sé, del marito, del figlio, del progetto più ambizioso che riguarda l'Ateneo e prova a capire da dove le sia venuto quel senso di responsabilità che, da Pavia, l'ha aiutata ad arrivare dov'è oggi.

Com'è passata da ricercatrice e docente a manager?

«Mi sono serviti gli ultimi dodici anni, e in particolare gli ultimi sei da Prorettrice delegata alla Programmazione e all'Organizzazione dei Servizi per gli Studenti, per la Didattica e per il Personale, nei quali ho potuto avere una conoscenza dal basso di tanti settori dell'Ateneo. Avevo voglia di mettere a terra argomenti importanti, pur nelle difficoltà di una grande azienda che è anche un grande ente pubblico con tutti i vincoli che ciò comporta».

Un'azienda così grande?

«Con 4500 persone è la più grande dopo il comune di Milano. Se si calcolano anche i collaboratori, stacchiamo diecimila cedolini al mese».

Ha vinto l'elezione a rettrice con 1652 voti contro i 645 del suo avversario. Più che una vittoria un trionfo.

«Ho fatto una campagna vecchio stile, incontrando centinaia di persone. Votano tutti qui, anche se i voti hanno pesi differenti, ma sono oltre 4800 ad averne diritto: i docenti e i ricercatori, il personale tecnico amministrativo e bibliotecario, i rappresentanti degli studenti e dei dottorandi. Bisogna tenere conto di tante cose, delle esigenze di tutti, dei vari accenti politici...».

Il progetto più ambizioso che ha per la Statale?

«Nei prossimi sei anni del mio mandato avrò l'opportunità di cambiare volto alle sedi della Statale. E sarà un cambiamento sostanziale. Il Campus Mind, nell'ex sede di Expo, si estenderà su 20mila metri quadri e accoglierà 23mila persone tra docenti, ricercatori, e studenti. È un progetto ambizioso, di grande respiro, nazionale e internazionale: non è solamente un Campus scientifico ma un cambiamento di portata storica che condurrà la Statale di Milano nel futuro. Esattamente come è stato il progetto per Città Studi di Luigi Mangiagalli, sindaco di Milano, che ha voluto dotare Milano di una Università degna della sua altezza, fondandola nel 1924. E poi il Campus delle scienze sociali e dei beni culturali in Città Studi e la ristrutturazione del Centro Saini».

La aiuterà a fermare la fuga di cervelli?

«La circolazione dei cervelli è un bene. Un male è quando non possono tornare perché non trovano le stesse condizioni che trovano all'estero».

E quindi come pensa di fare?

«Con l'attenzione alla persona, con il Welfare, garantendo libertà ai ricercatori che è l'unica condizione in cui si sviluppa la ricerca: spingendoli a rimanere sui binari già noti non si aiutano le scoperte».

La fragilità dei ragazzi è un grande tema. Lei come li trova?

«Più impegnati di come li si descrive. Il nostro Progetto Carcere, ad esempio, è tra i più grandi d'Europa con 159 studenti iscritti, tutte le dieci facoltà coinvolte, con 28 dipartimenti sui 31 totali. Sono tantissimi i nostri studenti che si iscrivono ai bandi per fare loro da tutor. E funzionano molto bene tutte le altre associazioni presenti in ateneo. Ma devo dire anche che le richieste di ascolto al counseling psicologico sono in netto aumento. Abbiamo anche tanti studenti internazionali, circa 4000, e alcuni vengono da Paesi difficili, nei quali è difficile tornare. Purtroppo capita che abbiano ansia da prestazione perché se falliscono perdono le borse di studio. Per far fronte a queste richieste, abbiamo potenziato diversi servizi a supporto».

Lei da che infanzia viene, cosa pensa l'abbia resa ciò che è oggi?

«Ho un padre che è un esempio di pacatezza ed equilibrio. Ma credo che il forte senso di responsabilità mi venga della situazione della mia mamma, che venuta a mancare solo due anni fa ma è stata malata per lungo tempo. Sono diventata adulta presto».

Quindi non l'ha vista rettrice... E suo figlio sedicenne cosa le ha detto della nomina?

«Mamma, in effetti potresti essere una brava Rettrice».

Si occupa di agevolare le donne in facoltà, lei come fa invece?

«Devo dire che sono molto aiutata. In Università da un team eccezionale e a casa da un marito che divide a metà qualsiasi compito. Ma anche per i mariti le mamme non sono mai le rettrici... Quando sono a casa il ruolo non c'entra ed è giusto così. Lì sono felice della dimensione domestica».

Una sua giornata tipo?

«Vivo a Pavia, mi alzo presto per accompagnare mio figlio a scuola prima di arrivare in ateneo, So che gli fa piacere e fa felice anche me. È un'occasione di dialogo tra noi due. Qui le giornate sono varie tra riunioni, incontri, trasferte...».

Pensa sia anche responsabilità del «sistema» dare strada alle donne?

«Ci sono ancora tante situazioni di

supporto da portare avanti. Le donne hanno la famiglia, i figli e spetta spesso a loro l'attività di cura dei genitori. Sono tutte cose che rallentano la carriera e servono azioni di conciliazione vita-studio, vita-lavoro».

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