Una frequentazione «inappropriata», un comportamento «non adeguato», ma nessuna mazzetta. Un interrogatorio lampo, rispetto alla mole delle contestazioni contenute nelle novemila pagine dell'inchiesta, quello dell'ex presidente dell'autorità portuale Paolo Emilio Signorini. L'unico degli arrestati nel terremoto giudiziario ligure finito in carcere con l'accusa di corruzione, esce dopo appena tre ore dalla Procura di Genova. Risponde a una dozzina di domande per respingere gli addebiti dei pm, che ritengono sia stato corrotto dall'imprenditore della logistica del porto di Genova Aldo Spinelli. Lo stesso che secondo i magistrati avrebbe corrotto anche Giovanni Toti con finanziamenti - trasparenti e pubblici - ai suoi comitati elettorali. Signorini invece, secondo l'impianto accusatorio che lo considera uomo vicino al presidente Toti, avrebbe beneficiato di soldi e regali da Spinelli, di soggiorni in alberghi di lusso a Montecarlo e fiches per giocare al Casinò, in cambio di favori nel portare avanti le pratiche portuali dell'imprenditore. A partire dalla nota proroga trentennale della concessione del Terminal Rinfuse.
«Siamo moderatamente soddisfatti - spiegano gli avvocati Enrico e Mario Scopesi - É andata abbastanza bene. Ha risposto a tutte le domande, e poi ha rilasciato spontanee dichiarazioni. Ha respinto ogni addebito, ha respinto le accuse di corruzione e di aver svenduto la funzione a interessi privati. Ha riconosciuto la sostanziale inappropriatezza di una frequentazione di quello che ha sempre ritenuto e che ritiene tuttora un amico (Aldo Spinelli, ndr). Col senno di poi ha capito che non era un comportamento adeguato, ma tutto il suo operato è stato fatto nell'interesse del porto e degli operatori portuali». La difesa punta a distinguere tra il piano personale, con il rapporto di amicizia con Spinelli e i viaggi a Montecarlo, e quello dei suoi atti amministrativi da presidente dell'Autorità, che sarebbero sempre stati presi, secondo i legali, nell'interesse pubblico: «Ha operato per il mantenimento dell'equilibrio degli operatori portuali». La tesi dell'accusa è invece che si sia fatto corrompere nelle sue funzioni con 42 notti di lusso all'Hotel de Paris di Monte Carlo, giocate al casinò e servizi extra, massaggi e trattamenti estetici, ma anche con la finale del torneo internazionale di tennis «Rolex Monte Carlo Masters», e serate riservate ai clienti più importanti del Casinò per un valore complessivo superiore a 42mila euro. E poi una borsa Chanel per un'amica, un bracciale in oro di Cartier da 7.200 euro per un'altra. Anche 15mila euro per il catering del matrimonio della figlia. Su questi i legali precisano: «Li ha presi da un'amica, non da Spinelli, e glieli ha restituiti con le vincite al Casinò». In tutto i magistrati calcolano comunque circa 100mila euro tra hotel, fichés e regali. Più corposo il valore della promessa da parte di Spinelli di fare avere a Signorini un incarico a Roma da 300mila euro all'anno una volta terminato il mandato da presidente dell'Autorità Portuale.
L'imprenditore, che aveva definito quei benefit come «aiuti» dati a un amico in difficoltà, aveva spiegato così quella promessa: «Era disperato perché gli finiva il lavoro. Gli ho detto: "Paolo, smettila di piangere, te lo troviamo un posto"».
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