"Io, vittima sacrificale del partito anti-agenti"

Il poliziotto linciato dalla sinistra: "Non sono un torturatore, pago la strumentalizzazione politica"

"Io, vittima sacrificale del partito anti-agenti"

«Non sono pentito d'aver ribadito l'orgoglio per tutti i poliziotti che indossano la divisa con abnegazione e rispetto della legge. Lo sono per l'uso di parole soggette a un'interpretazione distorta. Non ho pensato che per molti “Diaz” è sinonimo di massacro, perché per me e per i miei compagni, che da 14 anni gridiamo la nostra innocenza, non lo è. Mi sono fatto strumentalizzare da politica e dal partito dell'anti-polizia. Quanto a Giuliani, chiedo umilmente perdono. Quelle parole sono state un atto di pancia, successivo alla batosta arrivata da Strasburgo, l'ennesima subita in questi anni». Parla con un filo di voce ma è un fiume in piena Fabio Tortosa, il poliziotto sospeso ieri dal servizio dopo aver scritto su Facebook che «quella notte alla Diaz» lui c'era, che ci rientrebbe «mille e mille volte». Non si dà pace per il senso delle sue parole sul blitz alla scuola genovese che, giura, è stato travisato.

Cominciamo dalla fine. Il capo della polizia Pansa la sospende dal servizio e le congela metà stipendio, il ministro Alfano plaude. Accetta la decisione o ricorrerà?

«La accetto, trovo anche più assurdo sospendere chi ha solo messo un “like” al mio post, ma mi sento una vittima sacrificale. La piazza voleva la mia testa e a qualcuno non è rimasto che dargliela, senza nemmeno chiedermi che cosa volevo dire. È una sospensione cautelativa in attesa del provvedimento disciplinare quindi non è ricorribile né opponibile, giustificato con “gravi motivi”, ossia essere venuto meno ai principi insiti nel giuramento».

Quali principi ha tradito?

«Chiedetelo a Pansa».

Non è che anche lui ha visto nel suo post un'apologia della tortura?

«Spero di no, non era quello che intendevo. Sono d'accordo con lui, spero anche io che non ci sia un'altra Diaz nella storia della repubblica. Ho scritto “ci rientrerei mille volte” solo perché io e i miei colleghi del VII nucleo quella notte non abbiamo contravvenuto ad alcuna norma né ecceduto nei mezzi di coercizione fisica. Sono un poliziotto, non un torturatore. Rifarei tutto quello che ho fatto, perché non ho fatto nulla di male».

Ci racconta che cosa ha visto lei quella notte?

«Il blitz è stato rapido, 6-7 minuti. C'è stata qualche resistenza subito dopo l'ingresso, nessun eccesso di violenza. Poi, quando ero già tornato fuori dalla Diaz, ho visto cose strane. Un gran via vai di ambulanze che non era congruo col nostro numero, col numero dei refertati e col poco tempo in cui siamo stati dentro. Ma la cosa più strana l'ho vista con i miei occhi, e con i brividi, il giorno dopo, su tutti i tg: le immagini dell'interno della Diaz, quel sangue ovunque».

Da dove veniva, se lei non ha visto torture?

«Non so. Posso solo immaginare che qualcuno, dopo la nostra uscita o seguendoci tra i piani, abbia fatto ciò che poi abbiamo visto in tv. Solo noi del VII nucleo eravamo identificabili, essendo stati mandati lì per servizio, ma c'era una pletora di soggetti non identificabili. Lì per lì non sospettavo nulla. La nostra azione era stata rapida, impeccabile. Il giorno dopo ho capito che cosa era successo. A nostra insaputa».

Due suoi diretti superiori di quella notte, Canterini e Fournier, hanno parlato di «macelleria», ma non addebitabile al «suo» VII nucleo.

«Sono basito. Quello che Canterini e Fournier hanno detto nell'aula di un processo non è quasi stato rilevato, e un post su Facebook crea tutto questo clamore. Ma intendevo la stessa cosa: chi, come noi agenti, è stato additato come unico colpevole dei fatti della Diaz, è in realtà la seconda vittima di quella notte, dopo gli occupanti».

Come si esce dall'equazione poliziotto=torturatore”?

«Serve una forte presa di posizione che faccia luce su quei fatti. Il nostro è un lavoro duro, ma la stragrande maggioranza di noi lo fa avendo come unico faro le leggi dello Stato, non ideologie, vendette o altro. Se porti la divisa, da destra ti urlano “Ps guardie rosse”, da sinistra “Ps SS”. Ovviamente, io come tutti i miei colleghi, quando sono in servizio smetto di avere connotazione politica.

Ho votato Pd alle ultime elezioni, ma mi hanno dipinto come un fascista. Arrivando a dire che la mia squadra di football americano grida “sieg heil” a fine partita. Ovviamente una balla: in squadra abbiamo giocatori di colore, ebrei, musulmani. Figuriamoci se inneggiano a Hitler...».

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