La chiamavano collaborazione. Poi dopo le false promesse della cabina di regia è arrivata la doccia fredda della fiducia. La maggioranza la vorrebbe imporre per il Cura Italia. L'opposizione però non ci sta, infastidita soprattutto dal mancato recepimento degli emendamenti proposti per rendere ancora più efficace, nell'esclusivo interesse del Paese, il testo del decreto. «Con l'apposizione della fiducia sul Cura Italia - tuona la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni - viene definitivamente smascherata la farsa della presunta volontà di condivisione da parte del governo Conte». Le opposizioni non si preparano però alla battaglia: nessuna barricata, nessun ostruzionismo verrà effettuato giovedì in aula. Pesa tuttavia il modo in cui la maggioranza sta licenziando il dialogo con l'opposizione. Questa maggioranza, per esempio è rimasta sorda alla richiesta di un aiuto più congruo al comparto dell'edilizia. Berluconi già domenica scorsa aveva chiesto, tra gli altri, un «piano casa» all'altezza dell'emergenza ma la maggioranza ancora ieri in Commissione bilancio faceva orecchie da mercante. «Si tratta di un comparto allo stremo - spiega Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera di Forza Italia -. Con un meccanismo simile a quello previsto dal decreto sulla liquidità e cioè utilizzando il sistema bancario il governo dovrebbe indicare date e importi. Dopodiché si pongano le condizioni perché le opere pubbliche di interesse strategico possano partire subito».
Bocciati anche i voucher per l'agricoltura, chiesti a gran voce sia da Forza Italia che dal partito della Meloni. Una chiusura totale, ingiustificata e irresponsabile, «perché - spiega Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato di Forza Italia - i voucher in questo periodo sarebbero un toccasana per il settore dell'agricoltura, impegnato nella coltivazione e nella raccolta, per cui c'è una grande richiesta di manodopera e per cui si rischia di interrompere la catena distributiva lasciando vuoti gli scaffali dei negozi. Attualmente c'è un picco di richiesta che supera le 200.000 unità».
E poi c'è il nodo burocrazia. Nelle stesse ore in cui il capogruppo alla Camera del Pd, Graziano Delrio, interveniva nella trasmissione televisiva Agorà per dire che il suo partito vigilerà affinché la burocrazia non sia di ostacolo alla ripresa delle attività economiche, in Commissione bilancio del Senato venivano bocciati - proprio dalla maggioranza di cui lo stesso Delrio fa parte - gli emendamenti targati Forza Italia che chiedevano di snellire le procedure attraverso le quali accedere al credito promesso appunto dal decreto Cura Italia. Un emendamento, come ha spiegato l'azzurro Dario Damiani, di un solo articolo chiedeva semplicemente al ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione di avviare al più presto un piano nazionale di burocrazia zero». Proposta bocciata, così come sono state respinte le richieste di togliere tutti i paletti per la richiesta del bonus per professionisti, imprenditori e partite Iva e di sostituirla semplicemente con un'autocertificazione corredata dell'iscrizione a un albo professionale o a una cassa di previdenza. Tanto che Antonio Tajani rimarca l'opacità degli impegni assunti da Conte. «Nelle bozze del Decreto liquidità - dice - sono previste inutili lungaggini. Dobbiamo aiutare subito le nostre imprese per salvare l'economia. Negli Stati Uniti in sette minuti ottieni il finanziamento per far fronte al Coronavirus. Ci vorrebbe qualcosa di simile anche da noi».
«La burocrazia - gli fa eco Marco Silvestroni di Fratelli d'Italia
- è il nuovo mostro da neutralizzare dopo il coronavirus. Qualsiasi cosa ci sia nel Decreto liquidità e qualsiasi cosa ci sarà nel decreto di aprile la lotta alle lungaggini amministrative dovrà esserne parte integrante».
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