Iran e Arabia, nemici-gemelli: vogliono il dominio dell'islam

I due regimi puntano entrambi alla resa finale dell'Occidente. Applicano la sharia e fomentano il terrorismo internazionale

Iran e Arabia, nemici-gemelli: vogliono il dominio dell'islam

Fiamma NirensteinSecondo Amnesty International, l'Iran solo nei primi sei mesi del 2015 ha eseguito le condanne a morte di circa 700 persone, quasi tre esecuzioni al giorno, e circa 700 è il numero delle persone che, invece, in un anno, sono state messi a morte in Arabia Saudita. No, nessuno dei due dati rincuora, i numeri sono impressionanti.

Ma non è banale metterli in luce in tempi in cui gli iraniani vengono sempre rappresentati con diplomatica grazia, e adesso che lo scontro sciita-sunnita è venuto alla luce drammaticamente quando i sauditi, provocatoriamente, hanno messo a morte il predicatore sciita attivista e forse terrorista Nimr al Nimr, e gli iraniani hanno reagito come tigri ferite. La sequenza degli eventi è nota: le proteste degli sciiti ovunque, l'assalto all'ambasciata saudita a Teheran (e, certo, non per mano di una folla incontrollata), la rottura da parte del Sudan e del Bahrain lunedì, poi la condanna dell'università islamica di Al-Azhar al Cairo della «interferenza» negli affari interni sauditi, e poi l'annuncio della chiusura dei cieli e dei commerci sauditi e dei suoi alleati e poi e poi... la shia e la sunna si scontrano con ondate degne di essere cavalcate da un grande campione di surfing, e invece solo un'impotente stupore occidentale contempla quello che Eliezer "Geizi" Tsafrir, ex consigliere israeliano del primo ministro per gli affari arabi e ufficiale del Mossad definisce «l'ebollizione del conflitto sunnita-sciita».

Per noi, un conflitto senza ragioni o torti, che inizia 1400 anni fa quando due sette musulmane si contrappongono sulla successione a Maometto, uno scontro che ci ricorda come in Medio Oriente alcuni problemi sono semplicemente privi di risposta.Il califfo e l'ayatollah per quanto ci riguarda sono quanto a ideologia, simmetrici: hanno in comune la convinzione che il destino del mondo è il sacrosanto dominio dell'islam, e ciascuno crede nel suo islam. Hanno stili diversi, affabili ambedue finché serve allo scopo, credenti solo in Allah e convinti che l'Occidente alla fine dovrà arrendersi. Anche la Russia che adesso si offre come mediatore viene valutata su questo metro, come gli Usa di Obama, quale che sia la gentilezza mostrata nelle trattative e negli accordi. Sunniti e sciiti sono stati scatenati dal mare in tempesta delle primavere arabe, quando si scuotevano tribù appunto sunnite, sciite, curde, alawite, druse, yazide, beduine, cristiane...In parole semplici, il conflitto sunniti-sciiti innescato allora (come, mi permetto di ricordare, spiego nei dettagli del mio nuovo libro Il califfo e l'ayatollah) si è tradotto in un esercito sunnita con la punta di invasati detta Isis, e nella bomba sciita, oltre che nella disperazione dell'immenso popolo arabo che vaga terrorizzato o prende la strada della fuga verso l'Occidente. Il terrorismo, ad opera delle due parti, è diventato il maggior problema bellico del nostro tempo.

E l'Arabia Saudita ha grandi responsabilità nella propulsione di quello wahabita, che ha portato fino all'11 di settembre, e oggi ripudia il suo passato combattendo l'Isis, mentre l'Iran, secondo il dettato imperialista di Khomeini, è lo sponsor degli hezbollah, organizzatore di stragi di ebrei e di attentati antiamericani e antieuropei.È da quando gli americani hanno spinto avanti gli sciiti in Iraq che il mondo sunnita capitanato dal reame saudita fibrilla: per mesi ha osservato, fino al picco dell'accordo sul nucleare, la rivincita della minoranza sciita che nei secoli ha tanto sofferto. Mentre una trafila di imprenditori porta milioni con la fine delle sanzioni, ha sperimentato i missili balistici proibiti che possono portare anche testate nucleari. E gli Usa hanno rimandato anche le sanzioni promesse su questo aspetto. Libano, Siria, Iraq, Yemen sono ormai in gran parte nelle mani degli ayatollah. Eppure Obama ha scelto come sua «legacy» proprio un Medio Oriente quieto sulla scia del suo accordo.

L'Arabia Saudita ha visto come il suo compagno di accordi petroliferi e militari si avvicinava al suo peggiore nemico. I re sauditi non vedono più convenienza nel conformismo occidentalista: lo dice l'alleanza multinazionale di cui si è messa a capo e la campagna bellica in Yemen. Problemi dinastici e petroliferi attizzano il conflitto.

Per l'Occidente il punto sembra essere intanto una lucida considerazione della disinvoltura con cui le parti (che applicano la sharia senza remissione ignorando ciò che per noi è «diritti umani») intendono la politica estera, le sue alleanze, i suoi trattati: scontro senza regole per il predominio.

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