Israele, 40 capi di Stato contro l'antisemitismo. E Trump "offre" la pace

I potenti a Gerusalemme. Washington invita Bibi e Gantz: presto il piano per il Medioriente

Israele, 40 capi di Stato contro l'antisemitismo. E Trump "offre" la pace

Gerusalemme Mentre intorno alla fiamma eterna accesa nella hall del Museo dell'Olocausto a Gerusalemme ieri per tutta la giornata quaranta presidenti, re, primi ministri hanno portato il loro tributo alla Memoria della Shoah promettendo di combattere l'antisemitismo, si preparava un altro drammatico annuncio. Mike Pence, vice presidente degli Stati Uniti e Benjamin Netanayahu, appena conclusa la grande conferenza hanno fatto sapere al mondo che la settimana prossima negli Stati Uniti si presenterà il famoso «Piano del Secolo». Esso, nelle intenzioni di Trump, dovrebbe portare la tanto desiderata pace fra Israele e palestinesi. Netanyahu, per sottolinearne la serietà, ha subito esteso l'invito al suo antagonista Benny Gantz, capo del partito «Blu e Bianco». Jared Kushner, incaricato per il Medio Oriente e genero di Trump, avrebbe dovuto essere qui per l'annuncio, ma il maltempo ha impedito al suo aereo di decollare. Secondo indiscrezioni, il piano prevede che i palestinesi ottengano lo Stato se riconosceranno lo Stato Ebraico; il controllo su Gerusalemme sarebbe israeliano e l'area C verrebbe annessa. I palestinesi riceverebbero grandi incentivi, ma lo Stato sarebbe demilitarizzato.

In queste ore si passa così da due giorni di emozione legata al passato, ricordando la Shoah insieme a leader di tutto il mondo, a un periodo di discussione sul futuro. A Gerusalemme ieri molte parole di pace sono state dette, ciascuno ha portato un tributo al popolo ebraico nel 75esimo anniversario della liberazione di Auschwitz insieme alla promessa di combattere l'antisemitismo. Anche il presidente italiano Mattarella ha portato la sua testimonianza dell'impegno italiano: «Non abbasseremo la guardia contro l'antisemitismo» ha promesso durante il suo incontro col presidente Rivlin. Tutti i leader nella capitale di Israele, anche se ciascuno con le sue idee dichiarate, filtrate, suggerite nei discorsi, hanno tuttavia insieme formato un ideale scudo di difesa del popolo ebraico nella sua principale affermazione contemporanea, lo Stato Ebraico, Israele.

Vladimir Putin, Mike Pence, Emmanuel Macron, il principe Charles d'Inghilterra, il presidente tedesco Frank Walter Steinmeier hanno offerto, dopo il presidente israeliano Reuven Rivlin e il primo ministro Benjamin Netanyahu e prima dei sopravvissuti, un prisma di sentimenti e interpretazioni con tuttavia un elemento in comune: una sincera commozione mista all'incredulo orrore di ciò che ha subito il popolo ebraico. Questo sentimento a un certo momento dei discorsi ha afferrato persino il glaciale Vladimir Putin quando ha raccontato lo spettacolo di orrore che i valorosi soldati russi videro dispiegato entrando ad Auschwitz; ha incrinato un attimo il flusso giovanile di Macron quando ha parlato dei bambini nei Campi; il british english del principe Carlo quando ha ricordato con orgoglio sua nonna Alice, riconosciuta fra i 27mila «righteous of the nations» per aver nascosto le prede dello sterminio, gli ebrei; l'ispirazione sincera di Pence quando ha ricordato che dal 1948 gli Stati Uniti sono rimasti accanto al popolo ebraico nei suoi momenti di lotta di sopravvivenza. E certo l'emozione era la chiave del discorso di Steinmeier che, dichiarando il proprio popolo colpevole del peggiore crimine della storia umana e denunciando il peso di questo fardello, ha recitato in ebraico la benedizione di «sheechyanu» che si dice quando finalmente quando la stagione torna a fiorire, si festeggia un evento nuovo e fortunato. Come essere tutti i leader insieme a Gerusalemme e giurare di combattere l'antisemitismo.

Le parole di Bibi Netanyahu hanno avuto accenti di allarme e di determinazione diretta di fronte alle minacce di sterminio continue dell'Iran. Netanyahu chiede l'impegno internazionale contro questo antisemitismo genocida. E aggiunge che gli ebrei al tempo della Shoah non avevano rifugio, difesa, forza. Oggi con Israele gli ebrei non permetteranno una nuova Shoah. Non è stata una giornata priva di punti interrogativi. Putin, desiderato e controverso, ha inaugurato un monumento al valore dei soldati caduti a San Pietroburgo nella guerra contro i nazisti, e intanto infuria la sua polemica storica per cui il presidente polacco Andrzej Duda ha cancellato la sua visita. Le accuse (immemori del patto Molotov-Ribbentrop) formulate da Putin attribuisco alla Polonia delle responsabilità nell'invasione nazista. Ancora, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky mentre Putin dichiarava che alcuni Paesi occupati furono più crudeli dei nazisti, lasciava le sedie della sua delegazione a quei sopravvissuti che non erano invitati. Ma Putin ha anche portato un'attesissima riposta positiva sul destino di Na'ama Issacharov, la ragazza condannata a 7 anni di carcere per pochi grammi di marijuana. «Andrà tutto bene» ha detto, criptico, a fianco di Netanyahu e la mamma di Na'ama. È stata ricordata da molti la definizione «IHRA» recentemente adottata anche dall'Italia: vi si riconosce che l'antisemitismo è anche antisionismo.

Ma nessuno ha affrontato il nuovo antisemitismo se non dicendo che esso è padre di tutti i razzismi, e quindi va combattuto insieme. L'antisemitismo islamico, non c'era. L'importanza dell'incontro non è concettuale né programmatica: è nella presenza di tanti personaggi di primo piano in Israele. Questo, resterà.

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