Il vaccino Johnson&Johnson protegge anche dalla variante sudafricana e da una delle brasiliane. Lo conferma il responsabile vaccini dell'Ema, Marco Cavaleri, che si appresta a dare il suo via libera all'approvazione per l'Europa, giovedì.
Abbiamo già un'arma concreta contro le varianti?
«Esatto, facendo ben sperare anche per gli altri vaccini di cui non abbiamo ancora dimostrazione clinica. In via generale, il vaccino Janssen a dose singola è risultato efficace al 72% negli Usa, dove non vi erano varianti. Ma protegge anche contro sudafricana e brasiliana».
Cioè non ci si ammala?
«Nella peggiore delle ipotesi, chi viene colpito dalle varianti deve sopportare una sindrome influenzale e non finisce in ospedale. Sulla malattia grave la protezione è intorno all'80%, copre meno la malattia lieve, scendendendo al 52%».
Come mai gli altri vaccini non sono altrettanto efficaci contro le varianti?
«J&J ha fatto sperimentazioni su migliaia di persone includendo Sud Africa e Brasile. Così ora ha dati sulla variante che gli altri non hanno ancora».
Invece Astrazeneca ha le armi spuntate sulla sudafricana.
«Sì, la riduzione della protezione dalla malattia lieve è quasi azzerata, ma potrebbe mantenere efficacia per la malattia grave. Rimane un buon prodotto e protegge dalla variante inglese. E spero che anche in Italia, come in Belgio, Germania, Francia, si possa estendere il limite dei 65 anni».
L'Aifa non ha deciso.
«Dal momento che non è una decisione regolatoria, immagino stia al ministero della Salute decidere».
Fino ai 75 anni?
«I dati scozzesi, sebbene preliminari e con qualche importante distorsione, suggerirebbero un'efficacia sostanziale anche sugli over 80 e le ospedalizzazioni sarebbero abbattute dell'80%. La cosa importante è che i gruppi vulnerabili vengano vaccinati al più presto. Basta scorte in frigorifero, c'è tempo tre mesi per il richiamo».
Ma le dosi Astrazeneca arriveranno o bisogna continuare con il blocco delle esportazioni?
«La scelta del premier Mario Draghi è comprensibile alla luce degli accordi presi. L'Ue va rispettata. La società ha diversi siti di produzione nella Ue e non può essere meno fornita».
J&J manterrà gli impegni?
«Nonostante l'imminente approvazione, i camion con le dosi non sono pronti. Il collo di bottiglia è nella produzione».
Lei a chi lo consiglierebbe?
«È un vaccino a dose unica che si conserva in frigo. È molto maneggevole, può essere uno strumento per raggiungere le categorie a rischio anche nei paesini sperduti. Per gli anziani potrebbe andare benissimo».
Cosa dice sullo Sputnik?
«È in discussione, sembra un ottimo prodotto con un'elevata efficacia. Stiamo organizzando una tabella di marcia con l'azienda e anche la partenza degli ispettori in Russia. Dobbiamo capire come viene prodotto e qual è la filiera».
Ma l'Italia può opzionarlo?
«Per l'approvazione Ema, se va tutto bene, si deve aspettare almeno fine aprile. Se poi l'Italia vuole acquistarlo prima è libera di farlo, fermo restando che le dosi possano arrivare al più presto e prima dell'estate anche alle luce di una potenziale approvazione tra maggio-giugno di Curevac e Novavax».
Ema ha approvato anche i monoclonali, Regeneron e Eli Lilly, Aifa aveva già detto sì all'uso in emergenza. Ma non si vede una fiala.
«In Ema abbiamo adottato un'opinione scientifica prima dell'autorizzazione, sulla base di evidenze cliniche preliminari. E con le varianti è bene avere diverse armi. La distribuzione sembra però ancora più complessa dei vaccini».
Ma per chi sono indicati?
«Per i soggetti fragili e a
rischio, quali gli immunocompromessi, pazienti oncologici, chi soffre di patologie di immunodeficienza che non si sa quanto risponderanno ai vaccini: avere l'alternativa di un'immunizzazione passiva potrebbe essere molto utile».
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