Jesolo (Ve) «Con i lombardi due giri di lavatrice...». È la guerra dei popoli. La caccia agli infetti. La guerra ai ricchi. A chi ha sempre portato soldi. Ma quale Europa se gli italiani si fanno la guerra in casa. È martedì pomeriggio, torniamo a Jesolo. Stavolta non c'è nessuno. Non è come domenica con le auto in colonna, le moto, i ragazzi in vespa, la musica che si alza e la gente che fa festa. Oggi qui alcuni ristoranti sono chiusi, pizzerie anche, alberghi non ne parliamo: luci spente, tapparelle abbassate, cartelli fuori e sacchi delle imprese di sanificazione alle entrate. Entriamo in un bar completamente vuoto di piazza Brescia, il Vita Nuova aperto nel 2017, sembrava già profetico. Qui il titolare ha messo gel ovunque, tavoli distanziati, dove prima c'erano quattro posti, ora ce ne sono due. «Senza turisti dice Ivano Jesolo muore. Domenica era pieno, ma sono turisti giornalieri». Andiamo in spiaggia. Anche qui non c'è anima viva. Gli ombrelloni degli chalet sono imbavagliati, gli chalet chiusi, i pontili deserti. Il tempo non aiuta, ma era così anche stamattina col sole. Se non fosse per il mare, quella tavolozza di acquerello dipinta da due gocce di pioggia con le gradazioni del blu e dell'azzurro, sarebbe una tristezza infinita.
Ci inoltriamo lungo la via Bafile, l'isola pedonale più lunga d'Europa, un centro commerciale a cielo aperto con bar ristoranti pizzerie alberghi. Molti hotel hanno affisso un cartello: riapriranno il 13 giugno. Altri sono aperti questo week end e poi richiudono. Altri hanno riaperto ieri. Tutti si stanno attrezzando per riaprire in sicurezza. Ma occhio ai lombardi. «Non credo convenga prenotare ora per voi lombardi - ci dice la titolare di un albergo che raggiungiamo al telefono e con cui fingiamo di essere milanesi - la Lombardia è chiusa, se poi non venite c'è la penale da pagare». La penale? La penale ai tempi del Covid? Non fanno nemmeno più pagare i parcheggi in centro. Di idea totalmente diversa invece e più conforme alla civiltà è l'Hotel Morena perché alla fine i lombardi portano soldi. «Assolutamente non c'è alcun tipo di problema - dice Adamo Di Domenico che ha riaperto ieri - i milanesi sono nostri clienti, per il 50 per cento lavoriamo con loro: Bergamo, Brescia, Brianza». Ma ancora poche prenotazioni. «Gli austriaci e i tedeschi hanno cancellato ci spiega - altri sono in attesa. Gli ungheresi sono stati i primi a cancellare. Sono rimaste le prenotazioni degli italiani. Già mancano austriaci e tedeschi ed è un problema, se iniziamo a fare la selezione degli italiani allora tanto vale restare chiusi».
Stessa cosa per l'Almar Jesolo Resort, lo stellato pronto a ripartire e in grado di garantire il riciclo delle stanze per 72 ore. Menù interattivi, percorsi alternati, tavolini, ombrelloni distanziati e ampi spazi. E i milanesi? «Assolutamente ben accetti! Anzi!», dice Federica Morao responsabile marketing.
Anche Luca Zaia che mira a riaprire discoteche cinema e teatri per il 15 giugno, dice sì ai lombardi. E si dice preoccupato per il messaggio che sta lanciando Sebastian Kurz, ossia che una volta giunti in Italia occorra fare la quarantena. Di immensa tristezza quelli che se arrivano i milanesi fanno fare due giri di lavastoglie. «Li faccio entrare ci dice un titolare di un bar in centro - in tempi di magra... ma con loro mascherina sopra il naso e dopo faccio fare due giri di lavatrice a 70 gradi».
Quindi che si fa? Si mette un cartello «vietato ai lombardi?». «Più di qualcuno ha paura, ne basta uno infetto e fa il macello». Allora no, non andrà tutto bene. È pure peggio. Questo virus ha rafforzato la convinzione degli idioti che capiti sempre e solo agli altri.
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