C aso Supercoppa Juve-Milan. C'è una questione cruciale che nessuno ha affrontato a sufficienza e sulla quale Fratelli d'Italia pretende una risposta.
Chi di dovere si è mai posto il problema che far disputare una partita di un torneo italiano tra due squadre italiane in una nazione come l'Arabia Saudita che non rispetta i diritti delle donne avrebbe imposto alle donne italiane intenzionate a seguire la partita in Arabia Saudita la limitazione dei diritti di cui, normalmente, godono in Italia? Perché la scelta della Lega Serie A di «promuovere il calcio italiano» in un Paese dove vige la sharia non pone solo il problema dei diritti calpestati dalla monarchia islamica di Riad ma vuol dire, di fatto, imporre alle donne italiane di rinunciare alla propria libertà conquistata dopo secoli di battaglie.
È un fatto gravissimo che vìola i diritti sanciti dalla nostra Costituzione e che non può essere liquidato come svista o, peggio, non può essere sacrificato sull'altare di interessi economici e convenienze politiche. Il grillino sottosegretario agli Esteri Di Stefano ha scritto sul Blog delle Stelle che bisogna combattere la sharia, «in quanto ordinamento statuale religioso e quindi illiberale», con la politica. Altrimenti si rischia la polemica sterile.
Sono d'accordo con Di Stefano: il governo
M5s-Lega faccia sentire forte la voce della politica e, politicamente, ponga in ogni sede e contesto il tema del rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita. A partire dalla finale di Supercoppa.*leader di Fratelli d'Italia
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