Il catalogo (dell'orrore) è questo. Lo ha messo in rete il governo di Kiev, può consultarlo chiunque sul sito war.ukraine.ua. È in inglese, ma non c'è bisogno di parlarlo per comprendere le abiezioni compiute dai russi nell'ex repubblica sovietica che guarda all'Europa. Basta avere il fegato per guardare le fotografie. Basta e avanza.
Il catalogo è questo. Destinato a finire sul tavolo della Corte penale internazionale dell'Aja, come si legge nella sezione «Ci sarà giustizia?», con quell'angosciato punto interrogativo. Le cifre, aggiornate al 6 aprile, sono queste: 1.563 civili uccisi, di cui 167 bambini (ieri erano già 176), 2.213 civili feriti, 6.800 edifici civili distrutti, 4.820 crimini di guerra. «Dopo Bucha e Kramatorsk nemmeno piango più», dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Che aggiunge: «Davanti a certe immagini provo odio verso la Russia». E la commissaria europea Ursula von der Leyen, tornando dalla visita dei giorni scorsi in Ucraina, si è chiesta: «Se questi non sono un crimine di guerra, cos'è un crimine di guerra?».
Bucha è la città di uno dei massacri più ciechi e insensati, che ieri ha dovuto aggiornare il pallottolierie: «Risultano al momento complessivamente 360 civili uccisi, compresi almeno 10 bambini», scrive la commissaria per i diritti umani del Parlamento ucraino Lyudmyla Denisova su Telegram. A Bucha c'era il quartier generale del macellaio ceceno Ramzan Kadyrov, che aveva allestito una vera stanza delle torture. «I russi hanno sparato in faccia alle persone, bruciato i loro occhi, tagliato parti del corpo e torturato a morte adulti e bambini», garantisce Denisova. Ma peggio dovrebbe essere andata a Mariupol. «La portata dei crimini russi è dieci volte peggio del genocidio di Bucha», scrive su Telegram il comune della città ucraina, che racconta di un sottopassaggio nel distretto periferico di Sadkiv in cui gli occupanti russi hanno allestito un punto di raccolta per i corpi dei residenti uccisi, che arrivano a centinaia ogni giorno».
Di ieri anche il ritrovamento a Makariv, città della regione di Kiev abbandonata dai russi qualche giorno fa semidistrutta, di 132 corpi di persone torturate e uccise. Le testimonianze che arrivano dal sobborgo di Kiev sono agghiaccianti. Parlano di «spari alle auto in strada dagli elicotteri dell'esercito russo», di «militari russi che hanno lanciato le granate nei rifugi, perché non volevano ci nascondessimo». Il sindaco Vadano Tokar racconta di «cadaveri trovati con le mani legate» e di «almeno due casi di donne stuprate e poi uccise: una di queste è stata sgozzata». Agghiaccianti i dettagli della morte del regista lituano Mantas Kvedaravicius, trucidato a Mariupol. «È stato fatto prigioniero dai razzisti, che poi gli hanno sparato - racconta Denisova -. Gli occupanti hanno gettato il corpo del regista nella strada. La moglie, rischiando la propria vita, ha portato il suo corpo fuori dalla città bloccata e portato in Lituania».
Questa la cronaca di ieri. Ma nell'archivio online del governo di Kiev c'è la storia di 45 giorni di turpitudini, caso per caso, abiezione per abiezione. C'è la storia di Iryna, la donna di 53 anni uccisa mentre, sulla sua bicicletta, tornava dal suo lavoro in un magazzino nel villaggio di Mykhailivka-Rubezhivka, vicino a Bucha, riconosciuta dai figli grazie allo smalto sulle unghie. C'è la storia di una delle prime vittime innocenti della guerra, una bambina di sei anni ferita gravemente durante un bombardamento il 27 febbraio a Mariupol, e morta tra lo strazio dei medici che lottarono ore per salvarle la vita. E c'è la storia di Lyuba, una ventinovenne rimasta in Ucraina per assistere la madre malata e sequestrata per una settimana da un soldato russo che si era infilato nella sua casa, violentata in continuazione e infine uccisa davanti agli occhi dell'anziana quando si è ribellata agli abusi.
Che i russi abbiano compiuto orrori lo ammettono loro stessi.
Nelle intercettazioni rese note ieri dai servizi segreti ucraini, i militari al servizio di Putin in Ucraina lamentano frustrazione e stanchezza e raccontano di essere stati costretti dai superiori a bombardare villaggi «fino a raderli al suolo» o a uccidere tutti i civili in maniera indiscriminata e di stupri contro le ragazze. Orrori, sempre orrori, giorno dopo giorno.
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