Ragusa. Il corteo, un lungo applauso e le campane. Ad attendere per l'ultimo saluto nella Chiesa della Santissima Annunziata a Caccamo (Palermo) il feretro bianco di Roberta Siragusa, la 17enne uccisa a Caccamo nella notte tra il 23 e il 24 gennaio secondo la procura di Palermo dal fidanzato Pietro Morreale, 19 anni, accusato anche di occultamento di cadavere, c'era un intero paese listato a lutto, tra saracinesche abbassate e manifesti funebri.
«Non esiste separazione finché esiste il ricordo» campeggiava su un lenzuolo, perché non si può dimenticare una ragazza bella come Roberta «che aveva il compito di fare crescere la bellezza nel mondo», ha detto nell'omelia l'arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice - né si può scordare l'atrocità con cui è stata strappata alla vita.
«Una vita che ci è stata rubata ha detto il presule - Una vita distrutta e rubata troppo presto, in modo oltremodo crudele». E poi la domanda che oggi si pongono tutti: «Perché?». Per un amore che non è amore, altrimenti le «avrebbe rubato il cuore e non la vita», come era impresso su un altro lenzuolo.
Per San Valentino Roberta avrebbe dovuto festeggiare l'amore, come tutte le adolescenti, e invece ci si auspica che le indagini possano, per allora, mettere punti fermi ricostruendo gli ultimi attimi della sua vita. L'autopsia, che è stata effettuata a Messina, non ha chiarito le cause della morte, ma ha escluso che Roberta sia stata strangolata, in quanto mancano segni evidenti sul collo, e poi data alle fiamme nel tentativo di cancellare ogni traccia. La lingua protrusa, di cui ha scritto il medico legale, fa pensare a una possibile morte per asfissia (tra fumo e fiamme). Questo vorrebbe dire che Roberta non era morta quando è stata investita dal fuoco, ma forse solo svenuta. Il suo volto è tumefatto: c'è una ferita al mento e anche l'occhio è malconcio, per cui si ipotizza che possa essere stata colpita o spinta e, una volta resa inerme, le sia stata gettata la benzina addosso e sia stato dato fuoco. «Un corpo dilaniato, come ha detto il gip. Siamo molto provati per quello che abbiamo visto», ha commentato l'avvocato Giuseppe Canzone, legale della famiglia, che ha assistito all'autopsia.
E sul deturpamento del corpo ha insistito monsignor Lorefice: «Siamo qui, sconvolti. Senza parole. Dinnanzi al corpo martoriato. Vediamo come la violenza abbia distrutto la bellezza di Roberta. Un corpo che aveva il fuoco della vita e si apriva al fuoco dell'amore è davanti noi, sfigurato dalle fiamme della violenza».
Fiamme che tornano ancora in questa orrenda storia: il fidanzato Pietro ha dato fuoco a un rotolo di carta igienica all'interno della sua cella al Pagliarelli.Secondo alcuni è stato un gesto dimostrativo, altri lo interpretano come un tentativo di darsi fuoco o inalare fumo. La direzione del penitenziario ha aumentato i controlli per impedire eventuali gesti autolesivi.
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