L'adunata di Vannacci riesce soltanto a metà

Molte defezioni tra i militanti. Alemanno: "Non è il Messia"

L'adunata di Vannacci riesce soltanto a metà
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Di vannacciani a loro insaputa è piena Viterbo. Come il tassista che ci accompagna prima all'Arena centro sportivo Bullicame poi all'Hotel Terme Salus («Io non so' razzista ma qui entrano troppi immigrati e tanti ragazzi lasciano l'Italia, come mi fija») o i due pendolari che scendono dal treno partito da Roma Ostiense, convinti che il generale «alla fine il partito suo soo fa', e lascia il povero Sarvini in braghe di tela ah ah ah»).

Forse a causa del maltempo che ha stravolto il programma della due giorni di kermesse, quelli consapevoli alla fine saranno non più di 500, ma se ne aspettavano 2mila. Le battutine dei giornalisti sul loro pedigree e sul loro abbigliamento in sala stampa si sprecano mentre nella saletta semivuota per molte ore tuonano slogan a favore dell'ufficiale leghista «unico leader possibile, non sceglierlo sarebbe criminale». E mentre la sala lentamente si riempie, tutti i colonnelli di Vannacci si concedono ai giornalisti con proclami belligeranti e mirabolanti, non prima di essersi accertati che si siano adeguatamente rifocillati («Tutto a posto?»), non sia mai che la fame danneggi il battesimo politico del generalissimo.

Se il movimento Noi con Vannacci sarà un partito si vedrà (anche se l'europarlamentare leghista nega), di certo la patologia correntizia ne ha già compromesso l'immagine granitica. Perché ci sono due anime a contendersi questo embrione con un Dna mezzo leghista e mezzo fascio-militarista, lo si vede anche dai due libri Il mondo al contrario e Il coraggio vince e dalle due magliette - una bianca con la scritta Noi con Vannacci, l'altra granata con la foto stilizzata di un militare sull'attenti - che le rappresenta plasticamente.

Da un lato l'ex senatore leghista Umberto Fusco guida la pattuglia dei bossiani delusi come Edouard Ballaman («Mi è tornata la voglia di fare politica»), Giuseppe Bellachioma, il veneto Vito Comencini e William De Vecchis, trasmigrato a Italexit a fine legislatura che minacciano scissioni senza pronunciare mai la parolina magica.

Dall'altra parte il frontman è il presidente dell'associazione culturale Il mondo al contrario, nata a Lamezia Terme in Calabria il 26 agosto dell'anno scorso, che invece ci tiene a difendere lo status quo delle cose «siamo qui per sostenere tutte le tesi di tutti e dodici capitoli del libro che ha scritto il generale e in cui ci rispecchiamo. Niente di più, non per il momento almeno. Non è il partito di Vannacci ma il progetto dei sostenitori di Vannacci. È prematuro parlare di qualsiasi altra cosa. Non vogliamo far paura a nessuno, anzi...», si schernisce.

In mezzo c'è un esercito di delusi o di neofiti della politica, come i tanti ragazzini male incravattati, i tanti uomini qualunque e infine lui, il sedicente «dannunziano» Mauro Giannini, ex militare oggi sindaco di Pennabilli (Rimini) in camicia nera, che mostra i ciondoli della X Mas e dei battaglioni M, vagheggiando di «Dio, patria e famiglia, un motto mazziniano» e del mito «del superuomo invincibile». Da lontano osserva tutto con attenzione Gianni Alemanno, leader del movimento Indipendenza!: «Vannacci è l'unica novità che può riempire un vuoto a destra ma non tiriamogli la giacca, non è un Messia». Amen.

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