L'America sotto attacco degli hacker: colpiti siti web, media e pure una portaerei

La poderosa «Ronald Reagan» nel mirino di cyber-aggressori cinesi

Luciano Gulli

Per dire di un oggetto, di un fatto incomprensibile, di una sciarada, una volta si diceva: «un affare cinese». L'«affare cinese» era il mistero per definizione. A questa categoria prima che imparassimo quanto sono permeabili i dati informatici in nostro possesso e ci avvedessimo del meccanismo diabolico, perverso, in cui ci siamo allegramente infilati con Internet- avremmo iscritto un tempo la storia odierna. Ovvero il tentativo di certi hacker proprio cinesi, vuole stavolta il caso - che hanno cercato di carpire i segreti operativi della portaerei Usa «Ronald Reagan»: un affare galleggiante a propulsione nucleare che fila come uno yacht, alta come un palazzo di venti piani, capace di navigare senza fermarsi per vent'anni, con i suoi 90 tra aerei ed elicotteri, e di sfamare per tre mesi consecutivi un equipaggio di 6000 persone, aviatori compresi.

A cadere nella rete degli hacker, che come stormi di sinistri pipistrelli infestano ormai i cieli della Rete, e non temono neppure una roccaforte galleggiante come la «Reagan», ieri sono stati anche numerosi e importanti siti internet, tra cui quelli di Twitter, Spotify, Cnn e Reddit. Tutti e quattro resi inaccessibili per almeno due ore da un bombardamento elettronico, se così si può dire, rivolto essenzialmente alla costa orientale degli Stati Uniti.

Un «enorme cyber attacco», ha scritto il Financial Times, che ha bloccato l'accesso a milioni di utenti americani. L'azione è stata condotta con la tecnica Ddos (Distribuited denial of service) che consiste in un numero enorme di chiamate che si concentrano sullo stesso server fino a farlo crollare, come un pugile sotto una gragnuola di colpi.

Ad essere colpiti dall'attacco - una sorta di oscura, inquietante prova generale di un black out seguito da un contrattacco di false o distorte informazioni che un giorno potrebbe essere sferrato da una potenza ostile e mettere in ginocchio un Paese senza spargimento di sangue - sono stati anche i siti di diversi media: Cnn, New York Times, Boston Globe, Financial Times, The Guardian. Mentre Yahoo ha recentemente ammesso di aver subito un poderoso uppercut da parte di pirati senza bandiera che hanno compromesso i dati personali di 500mila suoi utenti.

L'hackeraggio di Stato, più o meno «coperto», come una sorta di febbre terzana che corre per il pianeta e sta caratterizzando anche la campagna presidenziale degli Stati Uniti: vedi la pubblicazione da parte di WikiLeaks di migliaia di e-mail di manager vicini al candidato democratico Hillary Clinton.

Ma torniamo all'attacco subito dalla portaerei «Reagan». Se sia riuscito in tutto, in parte - ovviamente non si sa, l'episodio essendo coperto da segreto militare. Neppure si sa se fossero solo i segreti operativi della portaerei, a interessare gli hacker, o non anche le informazioni contenute nei personal computer di alcune «personalità» dell'amministrazione Usa che quel giorno erano a bordo, in visita. Si sa solo che il fatto è avvenuto oltre tre mesi fa, l'11 luglio. Proprio alla vigilia della decisione con cui la Corte dell'Aia condannò l'espansionismo di Pechino nel Mar cinese meridionale che la «Reagan» giusto in quei giorni stava battendo.

Un'operazione di phishing come quella che nella primavera del 2015 portò al furto dei dati personali di dipendenti pubblici americani, fra cui gente dell'Fbi, della Sicurezza nazionale e delle forze speciali. Attacchi non sempre direttamente imputabili al governo di Pechino, ma fatalmente destinati ad aumentare la tensione tra America e Cina, e a pesare come un macigno sul tavolo del prossimo inquilino della Casa Bianca.

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