Un partito riformista che varrà (appena) il 10%. È questa la profezia di Gianluigi Paragone sul futuro del Movimento 5 Stelle. Il senatore espulso dalla compagine pentastellata è tornato ad attaccare frontalmente Luigi Di Maio, leader "isolato" di un partito sempre più in crisi.
Nei giorni scorsi, peraltro, il cosiddetto comitato di garanzia del M5s ha confermato l'espulsione del senatore, "colpevole" di aver votato in maniera diversa rispetto al proprio gruppo parlamentare sulla Legge di Bilancio e per essersi astenuto (l'estate scorsa) in occasione del voto di fiducia al governo Conte-bis, quello dell'inciucio giallorosso.
Paragone, infatti, si è da sempre detto contrario a un'alleanza e a una maggioranza tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, sostenendo invece l'asse con la Lega di Matteo Salvini. Quest'ultimo, peraltro, gli ha aperto le porte dichiarando la disponibilità ad accogliere tra le fila della lega "chi crede nel cambiamento e non vuole abbracciare Renzi e Zingaretti". Nonostante la conferma del suo allontanamento dai 5stelle, l'ex direttore de La Padania non intende comunque mollare: il senatore ha infatti annunciato che è pronto a intraprendere una (lunga) battaglia legale pur di poter tornare all’interno del Movimento 5 Stelle.
Attualmente, ha trovato "casa" nel Gruppo Misto di Palazzo Madama e da questa nuova collocazione annuncia di voler (ri)prendere in mano il programma elettorale contro l’Unione Europea: "Visto che il M5S ora è europeista il programma elettorale contro Bruxelles me lo prendo io...".
Nel mentre, intervistato dal Corriere della Sera, è tornato a scagliarsi contro Di Maio, bocciando in toto la linea e la leadership di Gigino: "Il M5s andrà nell'alveo dell’area riformista. L’'appuntamento degli Stati Generali terranno a battesimo questa conversione. Quel progetto non ha le forze per camminare: dopo gli Stati generali si tratterà di gestire un partito da 10% che non è più il Movimento 5 Stelle…". Dunque, Paragone spiega il perché dell’ulteriore crollo: "Perché il Movimento – nonostante esprima il ministro dello Sviluppo economico (Stefano Patuanelli, ndr) – non parla più al ceto produttivo del Paese. Prenderà batoste in Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto".
Infine, c'è tempo per
un'ultima stilettata all’indirizzo dei vertici dell'ormai ex partito: "Possono tirar fuori tutti i cartellini gialli e rossi che vogliono, ma qualcosa già si sta muovendo su quelle che sono le ceneri del Movimento…".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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