L'antifascismo applicato alla politica estera

L'ultimo capitolo l'ha aggiunto il vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano: "Con il blocco navale la Meloni vuole portarci in guerra con la Libia"

L'antifascismo applicato alla politica estera

L'ultimo capitolo l'ha aggiunto il vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano: «Con il blocco navale la Meloni vuole portarci in guerra con la Libia». Ci mancava giusto la Libia nell'eterno ritornello con cui certa sinistra cerca di arginare l'avanzata di Fdi: con lei la polveriera libica prenderà fuoco, come se non l'avesse già preso negli ultimi, tormentati anni. Così è tutto un susseguirsi di allarmi, spesso lanciati dalle colonne di Repubblica, giornale di riferimento dell'area progressista: la Meloni spaventa l'Europa; con la Meloni - vedi intervista al politologo Marc Lazar - l'Europa verrà messa in pausa; ora c'è pure l'idea che il blocco navale possa spingerci ad un fantomatico conflitto con la Libia, Paese che già di fatto non esiste, o meglio è tagliato in due, con due governi e scontri e morti, ma non è questo il punto.

Il punto è il tentativo di fermare l'avversario, che sembra salire inarrestabile, non nel confronto sulla concretezza dei problemi, ma demonizzandolo, dipingendolo come un nemico della democrazia, dei sacri valori e della costruzione europea. Insomma, si applica alla politica estera il logoro schema del ritorno del fascismo. Invece di chiedersi come mai l'elettorato stia transitando in quella direzione, si sbarra la strada evocando i mostri della democrazia. È molto più facile giocare la carta dell'emotività, quella di una certa retorica del politically correct che non rispondere nel merito sulle tasse, sul costo dell'energia, sulla percezione della sicurezza nel Paese. Bisogna essere obiettivi: non è facile in campagna elettorale separare le proposte che hanno un minimo di fondamento da quelle che paiono solo spot confezionati per sedurre l'opinione pubblica. Ci vorrebbe un pizzico di serietà in più e meno faciloneria nei fuochi d'artificio delle promesse mirabolanti. Ma, allo stesso tempo, si dovrebbe sfuggire alla logica della delegittimazione ed evitare di spargere paura come fosse il sale in cucina.

Si può, anzi si deve discutere del blocco navale come di qualsiasi altra misura o proposta: per molti analisti il blocco non funziona e non funziona perché è inapplicabile, una teoria che non sposa la realtà. Fare le pulci al programma altrui è parte della bagarre elettorale, ma affidarsi agli esorcismi e alle scomuniche è prova di immaturità. Si può criticare la Meloni e pure Salvini per la vicinanza all'Ungheria di Orban ma tratteggiarla come un pericolo vuol dire scantonare e dribblare le questioni che assillano gli italiani. Anzi, come dimostrano gli ultimi sondaggi, questa strategia non sposta di una virgola gli indecisi; forse le invettive possono motivare l'elettorato che già vota a sinistra, quello più ideologico, ma non servono per conquistare nuovi elettori.

Semmai spingono a destra gli incerti.

È una vecchia storia che abbiamo già visto per una lunga stagione, quando il giustizialismo alimentava il berlusconismo. Ma certi errori sopravvivono perfino ai leader che li cavalcano.

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