L'Armata rossa dall'Ungheria all'Ucraina e l'eterno ritorno degli orrori di Mosca

Oggi come allora l'obiettivo è "denazificare". Con violenze indicibili e soldati di leva privati di tutto, feroci anche per necessità

L'Armata rossa dall'Ungheria all'Ucraina e l'eterno ritorno degli orrori di Mosca

Di colpo l'opinione pubblica europea si è trovata difronte alle stragi di Bucha. Dato il comprensibile orrore, fatica a metabolizzare i cadaveri con le mani legate, le torture, i racconti dei superstiti. Eppure quello che è accaduto è una replica. Si dice che la storia non si ripete mai identica, eppure nella banalità del male una ripetitività c'è. E non stiamo parlando della semplice ripetitività dell'orrore della guerra. Ma di qualcosa di più specifico. E il prenderne atto non vuol dire prescindere dal fatto che possono anche esserci violenze ucraine, ma aggredito e aggressore non sono uguali, soprattutto in questo caso.

C'è un racconto agghiacciante che si ripete, a partire dalla Seconda guerra mondiale, al passaggio di quella che era l'armata rossa e poi ora è diventata l'armata russa. Un racconto tragico dove ogni distinzione tra civili e militari salta, dove si misura tutta la differenza tra le giovani reclute russe e quelle seconde linee che arrivano dietro alle giovani reclute. Una storia che tante volte è stata messa sotto il tappeto perché, per motivi diversi, l'Occidente ha preferito non ascoltarla. Partiamo da una testimonianza che divenne addirittura un libro. Si intitola Come sopravvivere all'occupazione sovietica. Una guida per gli sprovveduti ed è firmato da Alexandra Orme una nobile polacco-ungherese che venne «liberata» dall'Armata rossa. Dopo aver patito tutto il patibile nell'Ungheria occupata dai nazisti si trovò alla mercé dei sovietici. I primi ad arrivare: soldati di leva, privi di tutto, che sopravvivono razziando il territorio in cui avanzano. Feroci? La maggior parte no, ma predatori per necessità. Dietro di loro poi personaggi decisamente diversi. Potremmo descriverli come commissari politici et similia. Ne hanno paura i soldati russi, ne hanno paura, ma non abbastanza, i civili. E molti entrano per essere interrogati e non ritornano. Lo scopo? Denazificare, ieri e oggi. Peccato che ad essere «nazificati» per essere eliminati siano le precedenti vittime dei nazisti.

Una narrazione quella della Orme, che con un grande tratto di umanità, si guarda bene dal rinchiudere i russi nella categoria dei «cattivi», che emerge identica anche in una miriade di documenti sull'avanzata dell'Armata rossa in Germania. Vi fu un quantitativo di violenze incredibile, in nessun modo paragonabile con quelle, pur esistenti, avvenute nei luoghi dove avanzavano le truppe occidentali. C'era la rabbia, comprensibile, dei sovietici per quello che era stato fatto nei loro territori dalle truppe della Wehrmacht e dalle SS. Ma c'era anche altro. La precisa volontà di Stalin di non fermare in nessun modo quella rabbia, anzi... Di ripulire anche etnicamente una serie di territori per renderli controllabili. Spingendo verso Occidente una massa di 14 milioni di profughi. Tutto finito sotto il tappeto perché i tedeschi, colpevoli di altre atrocità, non potevano certamente trovare facilmente credito.

Ma questo meccanismo di violenza e mistificazione si è ripresentato, nell'occupazione dell'Ungheria in rivolta nel 1956. Le truppe russe stanziate nel Paese, i soldati «normali», fraternizzarono con gli insorti, rifiutarono in molti casi di colpire i civili. Le truppe vennero cambiate, prelevandole dalle zone più remote dell'Urss. Come vennero a quel punto etichettati i ribelli capeggiati da Imre Nagy (che era comunista)? Contro rivoluzionari fascisti, che miravano a ripristinare un governo delle Croci Frecciate. Di nuovo una comoda reductio ad hitlerum che venne rapidamente sposata dai partiti comunisti occidentali. Come oggi in Occidente, c'è chi non vuol vedere l'aggressività di Mosca o la metodica usata per mandare avanti le sue truppe di leva, con i reparti speciali alle spalle. Il risultato di questo copione sono fosse comuni, esecuzioni sommarie e saccheggi. Tutte cose accadute anche in Siria e in Cecenia dove però l'Occidente gassificato ha chiuso gli occhi.

Quanto? Un noto giornalista free lance, Oz Katerji, nei primi giorni dell'invasione segnalò cosa aveva appreso in Siria: «Non rivelare mai l'ubicazione dei centri di accoglienza per donne e bambini, le cliniche sul campo... La Russia li prenderà di mira per primi. Non rivelare nemmeno all'Onu. La Russia vi accederà».

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