L'azzeccagarbugli Conte vittima dei suoi stessi errori

Statuto M5S bocciato dal tribunale di Napoli. Renzi inchioda Conte: "Scritto con la stessa chiarezza con cui scriveva i Dpcm". E infatti quei Dpcm a inizio pandemia a fecero schiantare l'Italia

L'azzeccagarbugli Conte vittima dei suoi stessi errori

Ha perfettamente ragione Matteo Renzi quando sui social inchioda il "professor" Giuseppe Conte alle sue colpe: "Ha scritto lo Statuto dei Cinque Stelle con la stessa chiarezza con cui scriveva i Dpcm". Ironizza, il leader di Italia Viva. Perché, se sui Dpcm partoriti in malo modo dal governo giallorosso durante il primo anno di pandemia si è incartato l'intero Paese, sullo statuto del movimento si è schiantato il Movimento 5 Stelle. Meglio loro che noi, viene da dire ora che l'esperienza del governo Conte bis ce la siamo bella che messa alle spalle. Resta, però, l'evidenza dell'incapacità dell'avvocato del popolo, un azzeccagarbugli in piena regola, non solo a gestire l'Italia, ma anche solo a mandare avanti un condomino a Cinque Stelle (laddove tutto quel firmamento lì non è certo sintomo di lusso).

Ce li ricordiamo ancora i guazzabugli di errori infilati nei Dpcm. E chi se li dimentica. Uscito indenne dalla crisi scatenata da Matteo Salvini nell'estate del Papeete e conservata la poltrona di Palazzo Chigi, Conte si è ritrovato, da lì a pochi mesi, a dover affrontare un'emergenza senza precedenti: lo scoppio di un morbo pandemico che, nel giro di un paio di mesi, ha messo tutto il pianeta in ginocchio. Per carità, nessun premier, nessun capo di Stato, nessun leader era preparato a gestire uno scossone simile. I piani per contrastare una pandemia c'erano, ma erano vecchi e, il più delle volte, lontani dalla realtà. E così i governi hanno dovuto improvvisare. C'è chi lo ha fatto meglio. I giallorossi no: hanno fatto tutto il peggio possibile. Oltre agli errori di valutazione, agli strafalcioni politici, ai continui ritardi e soprattutto alle tempistiche cannate, Conte e compagni sono riusciti a peggiorare la situazione scrivendo male i decreti che avrebbero dovuto cavar fuori il Paese dai guai.

L'ultimo esempio in ordine temporale è la maxi truffa (oltre 440 milioni di euro!) sugli aiuti stanziati dai giallorossi (in particolare il superbonus edilizio e il bonus sugli affitti). Uno dei tanti furbetti, che si era inventato un sistema fittizio per intascarsi i soldi attraverso operazioni inesistenti, si vantava bellamente della facilità con cui riusciva a metterla in quel posto (scusate il francesismo) allo Stato. "Lo Stato italiano - diceva al telefono - è pazzesco, praticamente vogliono essere inculati...". Non era certo l'unico ad essersene accorto. In molti hanno approfittato dei vuoti lasciati dal governo. "Su 'sti crediti - commentava un altro - non se capisce un cazzo... faccio un po' come mi pare...". Farabutti, per carità. Ma anche i giallorossi ci hanno messo del loro. Perché, come giustamente annotava Franco Bechis giorni fa sul Tempo, "quando le leggi vengono scritte con i piedi da chi non sa farlo il risultato è identico a quello in cui le leggi vengono scritte fin dall'inizio con intento criminale".

Oggi, dopo due anni di pandemia, l'Italia sembra vedere (finalmente) la luce alla fine del tunnel. Da venerdì prossimo non si dovrà più uscire con la mascherina, a fine marzo verrà tolto lo stato di emergenza e anche il Cts potrebbe avere le settimane contate. Ma noi, che abbiamo la memoria lunga, ce li ricordiamo ancora molto bene tutti gli strafalcioni dei giallorossi che ci hanno tristemente trasformati nella "Repubblica delle Faq". Portano tutti la firma del premier Conte: le zone rosse annunciate nottetempo e le rocambolosche fughe sui treni, le autocertificazioni che cambiavano ogni due giorni, le chiusure assurde (bar off limits dopo le 18 come se all'aperitivo il virus fosse più contagioso), il computo degli invitati sotto le festività natalizie e l'indimenticabile carta dei "congiunti". La lista è sterminata. Se dovessimo poi estenderla ai decreti cha avrebbero dovuto essere fatti ma che per mancanza di coraggio sono saltati e alle numerosissime ordinanze firmate dai suoi ministri (Roberto Speranza in primis), non la finiremmo davvero più.

Con la stessa approssimazione con cui sono stati "partoriti" i Dpcm, Conte sembra aver scritto anche lo statuto su cui si regola il Movimento 5 Stelle e che è stato ratificato lo scorso 3 agosto. Giusto ieri il Tribunale di Napoli ne ha disposto la sospensione facendo di fatto saltare anche la sua nomina a presidente. Un durissimo colpo per i grillini ormai da mesi in balia di uno tsunami politico che vede l'avvocato del popolo ormai in guerra aperta con Luigi Di Maio. "La mia leadership non dipende dalle carte bollate", ha commentato l'azzeccagarbugli dopo che i giudici partenopei gli hanno portato via la carica. Ma Beppe Grillo lo ha subito rimesso in riga: "Le sentenze si rispettano".

Si consuma così l'ultima beffa di un partito profondamente giustizialista che ha fatto la propria fortuna a suon di "vaffa" e di persecuzioni manettare e che oggi si trova a doversi inchinare ad un cavillo giuridico che lo inchioda al suo stesso errore: aver scritto con i piedi le regole del gioco.

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