L'ultima vittima del Covid? Gli appalti pubblici. A svelare quello che era presumibile in tutta la sua gravità è la relazione di fine mandato dell'Anac, l'Autorità anticorruzione, che occupandosi degli effetti del Coronavirus sugli appalti, rivela il disastroso effetto del contagio sulle gare, elemento anche più vistoso dell'analisi che il rapporto dedica alla spesa legata all'emergenza sanitaria per mascherine, Dpi, attrezzature per le terapie intensive. Una voce che, criticità o meno, si ferma poco sopra i tre miliardi di euro. Mentre l'effetto sugli appalti risulta ben più dannoso: nel 2019 si era segnato un incremento record del 23 per cento, per un valore complessivo delle gare pari a 170 miliardi di euro, ma sono bastati i quattro mesi trascorsi tra allarme sanitario e lockdown a imporre una frenata, determinando un calo del 24 per cento per numero di gare e del 33 per cento quanto al valore complessivo, con una perdita che sfiora i 19 miliardi di euro (18,6). Un disastro, insomma, anche se gli effetti nefasti non si sono fatti sentire nella stessa misura in tutto il Paese, con la sola Lombardia che subisce più della metà della perdita su base nazionale. «La Regione più colpita è la Lombardia si legge infatti nella relazione Anac (-63%, pari a una flessione di circa 10 miliardi) mentre alcune Regioni nel primo quadrimestre 2020 hanno fatto addirittura registrare dati positivi, come il Lazio (+14%, pari a 550 milioni)». I danni sugli appalti, come gli effetti del virus, si sono fatti insomma sentire molto più a Nord, dove si è registrato un calo del 50 per cento rispetto alle gare d'appalto del 2019, e la perdita in valore si attesta su 14 miliardi sui 18,6 complessivi, ossia l'80 per cento.
Un quadro che complessivamente resta preoccupante, anche se, sottolinea ancora l'Anac, proprio a causa del Covid «22mila procedure di gara, per un valore di 23 miliardi, non sono ancora state perfezionate (ovvero non è stato pubblicato il bando o la lettera di invito)». Insomma, qualcosa di ciò che si è perduto, potrebbe a fine 2020 tornare a far sorridere i conti, scommette l'autorità anticorruzione, ricordando che «dal momento che il tasso di perfezionamento delle procedure si aggira attorno al 90%, è possibile ipotizzare che i dati definitivi, sia a livello nazionale che locale, saranno assai meno negativi di quanto appaiano attualmente».
Sempre l'Anac riserva poi una stoccata, nella sua relazione, al decreto Semplificazioni che prevede di clonare il modello Genova per gli appalti. «Non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio. Al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa», chiosa il rapporto dell'Anticorruzione.
Un punto che innesca la replica del capogruppo di Fi a Montecitorio, Mariastella Gelmini, pronta a ricordare come la realizzazione del nuovo Ponte Morandi «è un modello che secondo Forza Italia andrebbe replicato in tutto il Paese per le grandi opere pubbliche» e ad avvertire l'Anac: «Sbaglia se pensa che questo modo di procedere possa creare confusione, rischiando di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa», perché «con la logica del sospetto non si va da nessuna parte».
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