Putin avrebbe finanziato con 300 milioni di dollari i partiti occidentali più filo-russi. La notizia-bomba diffusa da Washington rimbalza sui media di tutto il mondo e la sinistra italiana mette subito sotto accusa il centrodestra. Passano poche ore e il presidente del Copasir, Adolfo Urso, chiarisce subito: «Mi sono confrontato con l'Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica Franco Gabrielli ed al momento non esistono notizie che ci sia l'Italia». Nonostante la smentita, però, «la polpetta avvelenata» ormai è stata lanciata ed è indirizzata verso Fratelli d'Italia e la Lega. La Meloni, dal canto suo, ha già annunciato querela, mentre il Carroccio passa al contrattacco. Il deputato Igor Iezzi, sentito da Il Giornale, dice: «Noi siamo il partito più indagato su questa vicenda e, dopo 3 o 4 anni, non hanno trovato nulla. Qualcuno, invece, si dovrebbe porre il problema del centrosinistra che candida parlamentari che non hanno votato l'invio delle armi all'Ucraina». E rilancia: «Quando il Pd ci spiegherà questo, potrà farci la ramanzina perché noi della Lega abbiamo sempre votato tutto...».
E, in effetti, non sono pochi i parlamentari di centrosinistra che hanno votato contro o si sono astenuti sul primo decreto con cui si approvava l'invio delle armi in Ucraina. Il 17 marzo scorso, in occasione del voto alla Camera dei Deputati, i contrari sono stati 25, perlopiù esponenti dell'opposizione. Tra questi il più noto è Nicola Fratoianni, che è sempre stato contro il governo Draghi eppure oggi è uno dei principali alleati di Enrico Letta. Ma, tra i contrari si annoverano anche tre deputati pentastellati: Gabriele Lorenzoni, Enrica Segneri e Davide Serritella. I primi due non sono stati ricandidati col M5S, mentre il terzo è nelle liste di Impegno Civico, in corsa per un posto da deputato nel collegio Piemonte 1. Anche il grillino Nicola Grimaldi, che invece si era astenuto, oggi milita nel partito di Luigi Di Maio ed è candidato nel collegio plurinominale Campania 2 per il Senato. Tra gli astenuti troviamo Stefano Fassino che non si ripresenterà alle prossime elezioni, a differenza del renziano Gianfranco Librandi, candidato in Lombardia col Terzo Polo e del piddino Erasmo Palazzotto, candidato alla Camera nel collegio uninominale di Palermo. In Senato, invece, in occasione del voto finale del 31 marzo, i contrari furono 35, ma solo uno appartenente alla maggioranza di governo: Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri che fu costretto a dimettersi e che, dopo una lunga scia di polemiche, fu espulso dal M5S.
Un'altra votazione molto importante riguardante l'invio delle armi a Kiev è quella relativa alla risoluzione del 21 giugno sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. Una risoluzione che passò con 219 voti favorevoli, 20 contrari e 22 astenuti. Tra questi ultimi c'è anche la senatrice Giulia Lupo, candidata nel Lazio con il M5S.
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