"Il caso Savoini? Ecco perché è una trappola orchestrata ad arte"

Secondo Igor Pellicciari, docente presso l'Università di Urbino e alla Statale di Mosca, il famoso incontro all'Hotel Metropol di Mosca del 18 ottobre 2018 fu una trappola orchestrata ad arte. Per Giulio Sapelli, la regia è franco-tedesca.

"Il caso Savoini? Ecco perché è una trappola orchestrata ad arte"

"La dinamica dell’episodio più che un incontro al vertice ricorda una trappola orchestrata ad arte per fare abboccare degli ingenui interlocutori stranieri". È il commento, pubblicato su Dagospia, di Igor Pellicciari - docente Università di Urbino - Università Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali - rispetto alla vicenda dei presunti fondi russi alla Lega e all'ormai famoso incontro svoltosi il 18 ottobre 2018 all'Hotel Metropol di Mosca a cui hanno partecipato Gianluca Savoini, Presidente dell'associazione Lombardia-Russia, l'avvocato Gianluca Meranda insieme all'advisor Francesco Vannucci e ad altri non meglio identificati emissari russi.

Innanzitutto, è credibile la dinamica di questo incontro? Secondo Pellicciari, grande esperto di Russia, "chi vive a Mosca sa perfettamente che seguendo una tradizione iniziata nel periodo sovietico per motivi di controllo e rafforzatasi di recente per motivi di sicurezza anti-terrorismo, tutte le lobby degli alberghi 5 stelle nella zona del Cremlino (e spesso anche quelli nelle immediate vicinanze) pullulano di telecamere di sicurezza e microfoni ad alta definizione". L’Hotel Metropol, infatti, si trova ad un centinaio di metri dalla zona del Cremlino e a pochissima distanza dalla Lubyanka, celebre per essere sede dei servizi segreti sovietici prima e russi poi: oggi l'edificio è sede dell'Fsb, il servizio segreto della Federazione Russa, erede del Kgb sovietico.

Si può discutere di una trattativa del questo tipo nella hall di un Hotel così sorvegliato in mezzo a un mucchio di persone? Si tratta di una disarmanete ingenuità o l'ipotesi di un presunto finanziamento russo alla Lega non regge? "Non si capisce perché’ degli interlocutori russi che giocano in casa scelgano un posto cosi informale ed esposto come la lobby di un Hotel centralissimo per incontrarsi - come se abbiano la necessità di nascondersi goffamente da quelle stesse istituzioni che governano e controllano stabilmente" osserva ancora Pellicciari. Come spiega il professore, inoltre, in Russia discussioni di questo tipo vengono affrontate nelle sedi opportune, soprattutto se di mezzo ci sono questioni che riguardano la sicurezza nazionale e presunti aiuti di stato: "Non c’è’ motivo politico o funzionale di affidarsi come in Italia ad un sottobosco contiguo che operi in zone di semi-ombra e border-line".

Un concetto che ha espresso di recente anche l'ambasciatore ed editorialista del Corriere della Sera Sergio Romano che al Giornale aveva commentato come la vicenda fosse "inverosimile" spiegando che quando si tratta di forzare le relazioni, la Russia "dialoga sempre e solo con gli Stati". Insomma, l'affaire Lega-Russia, rischia di passare alla storia come una spy story di bassissimo livello. Un trappolone analogo a quello orchestrato ai danni nel caso del vice-cancelliere austriaco Strache. E, come in quel caso, "la trappola è scattata ed ha funzionato benissimo, giocando sull’ignoranza, narcisismo protagonista, provincialismo internazionalista delle vittime predestinate nonché - ma questo va dimostrato - su un senso di affarismo tutto italico" spiega il docente.

Secondo un altro accademico come Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, dietro all'inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega di Matteo Salvini c'è la "manina" di Francia e Germania. Intervistato dalla Verità, l'economista sottolinea che "se uno deve veramente condurre un’operazione illegale non va a farlo nella hall dell’hotel Metropol, dove lo vedono tutti. Peraltro è stata tirata in ballo l’Eni…". Anche secondo Sapelli a "Savoini è stata chiaramente tesa una trappola".

Una trappola magari orchestrata da Parigi e Berlino: "Non credo sia un caso se il Russiagate è scoppiato quasi in concomitanza con il premio consegnato a Parigi alla capitana tedesca, Carola Rackete, come campionessa dei diritti umani. Quando pure la magistratura italiana pare si sia accorta che la Rackete ha solo violato la legge".

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