Italicum, il governo incassa ​la prima fiducia alla Camera

A Montecitorio 352 dicono sì all'articolo 1 della legge elettorale. Sono 36 i deputati del Pd che non hanno votato la fiducia posta dal governo

Italicum, il governo incassa ​la prima fiducia alla Camera

Il governo incassa la prima delle tre fiducie poste sull’Italicum. I votanti sono stati 559, un astenuto, 352 i sì e 207 i no. La maggioranza che sostiene il governo Renzi parte, sulla carta, da 396 voti: dunque, mancano 44 voti, ma vanno considerate le
assenze giustificate.

Va avanti a testa bassa. Renzi non sente ragioni né vuole sentirle. La legge elettorale va approvata così com'è e per questo il governo ha posto la questione di fiducia. La ragione è semplice: non sono ammesse sbavature. Chi non è d'accordo voti contro, poi si faranno i conti e se la fiducia non c'è il governo è pronto ad andare a casa. Un atto di forza, quello del premier, che più che altro denota debolezza. Sa di non avere tutta la maggioranza dalla propria parte (specie nel Pd) e per questo mette i parlamentari con le spalle al muro. Il capo del governo oggi spiega così la propria sfida: "Sulla legge elettorale sono giorni di polemica e discussione. Rispetto le posizioni di tutti e di ciascuno. Su La Stampa (che pubblica una lettera del premier, ndr) spiego la mia, sulla legge, sulla fiducia, sulla necessità di cambiare. Fa male sentirsi dire che siamo arroganti e prepotenti: stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui - continua - per cambiare l'Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà. Se accettiamo anche noi, come accaduto troppo spesso in passato, di vivacchiare e rinviare, tradiamo il mandato ricevuto alle primarie, dal Parlamento, alle europee".

Nel Pd le acque sono agitate come non mai. Siamo allo scontro finale. Pier Luigi Bersani apre le danze: "Non credo si andrà subito a votare se passa l’Italicum, ma è chiaro che d’ora in poi Renzi avrà il Parlamento nella sua disponibilità". Parlando a Montecitorio Bersani afferma di non pensare che si andrà subito alle urne, ma che la sola minaccia di poterlo fare sarà usata "per convincere i deputati a fare quel che vuole lui". E citando un vecchio spot pubblicitario fa una delle sue solite battute: "O così o Pomì". Anche perché, spiega, "se cade il governo e il Pd fa una direzione, in diretta streaming e con voto per alzata di mano, è ovvio che l’esito è che il Pd non è disponibile ad altri governi. Renzi - prosegue Bersani - non ha messo la fiducia perché non aveva fiducia in noi, l’ha fatto per la bellezza del gesto, ed è anche peggio". L’obiettivo vero di Renzi, dopo l’approvazione dell’Italicum, non è per Bersani andare a votare ma "disporre" del Parlamento. "Potrà dire si fa così o si vota", spiega Bersani.

"Il Pd sull’Italicum si era già spaccato al Senato - ricorda Pippo Civati sul suo blog. Sullo stesso testo, il Pd aveva perso il voto di 24 senatori, a gennaio. Allora la legge elettorale passò grazie ai voti di Forza Italia, che votò le modifiche proposte nell’ultimo Nazareno prima di Mattarella. Anche allora l’aula fu sottoposta a un trattamento violento, con il super canguro, dettato dall’oltranzismo del governo - prosegue - Il segretario-premier non se ne curò minimamente, allora come oggi, ma se non ci fosse stata Forza Italia, non avrebbe avuto la maggioranza e il governo sarebbe andato sotto e, forse, caduto, se stiamo al clima fiduciario che si è voluto imporre nelle dichiarazioni delle ultime settimane. Ora la questione si ripropone negli stessi termini, sotto il profilo politico, sotto il profilo dei numeri. Non avere considerato questo 'precedente', alla ricerca di quelli del 1923 e del 1953, è un errore. Dispiace che nessuno se ne sia accorto, ma il Pd era già spaccato allora e l’esecutivo aveva una maggioranza solo in outsourcing, diciamo così".

Il ministro della Cultura, Dario Franceschini, fa appello agli esponenti importanti per il Pd che hanno dichiarato di non votare la fiducia: "Si può essere d’accordo o meno sulla legge elettorale e questo è normale, ma non votare la fiducia al governo guidato dal proprio segretario è un atto sproporzionato". L'eurodeputato Pd Goffredo Bettini rincara la dose: "Non votare la fiducia al Governo significa andare all’avventura".

"Almeno cinquanta deputati di Area riformista voteranno sì alla fiducia sulla legge elettorale", annuncia Matteo Mauri, con un documento in cui si dice che la fiducia è stata un "errore" ma "se non passa il governo cade e sarebbe da irresponsabili non votarla". A non seguire Bersani e Speranza nel non voto sarebbero 50 su 70 di Area riformista.

"La fiducia sulla legge elettorale - sottolinea Saverio Romano (Forza Italia) - è una mossa sbagliata politicamente. Renzi constaterà l'assottigliarsi della sua maggioranza, senza peraltro superare la soglia numerica ottenuta sulle pregiudiziali a scrutinio segreto. Sotto il profilo istituzionale, segna la rottura del confine della tripartizione dei poteri, assegnando al suo, l'esecutivo, il condizionamento delle Camere". Ieri il capogruppo alla Camera degli azzurri, Renato Brunetta, aveva twittato: "Povero Renzi, è in stato di confusione politica e morale. Non sta distruggendo solo suo partito ma sta avvelenando democrazia in Italia".

"Renzi e il Pd stanno cambiando la Costituzione fregandosene di tutti", dice in aula alla Camera, durante le dichiarazioni di voto prima della fiducia, il deputato della Lega Nord Cristian Invernizzi, che annuncia il no dei parlamentari del Carroccio, "perché si stanno creando precedenti pericolosissimi per l’Italia. Quando il Pd sarà all’opposizione, perché con le regole che lo stesso Pd sta cambiando potrà accadere, allora si ricorderà dei sacri e inviolabili principi della Costituzione e della democrazià. E noi, che magari saremo al governo, diremo loro -ha aggiunto Invernizzi- che questi sono riti vecchi, che la gente vuole che il governo se ne freghi del dibattito parlamentare e del fatto che l’opposizione possa presentare degli emendamenti: ce lo ha insegnato Renzi...".

"Italicum come l’Expo e il Mose - scrive su Facebook Luigi Di Maio (M5S) -. Questa legge elettorale è in pieno stile Pd: ennesima opera inutile, incompiuta e fatta male. Come l’Expo e il Mose. L’Italicum infatti - scrive il membro del direttorio pentastellato - è una legge elettorale che non prevede l’elezione del Senato (ma il Senato non è stato abolito!), entrerà in vigore non prima di un anno (grazie ad una clausola assurda), va a sostituire il Consultellum che invece era una legge elettorale già funzionante e in più reintroduce i candidati nominati come nel Porcellum.

Ecco perché - prosegue Di Maio - quasi tutti i deputati della maggioranza voteranno la fiducia su questa legge elettorale, potranno prolungare la loro permanenza in Parlamento
in attesa che il Senato venga reso non elettivo (campa cavallo...) e la legge entri in vigore (ovvero tra un anno). Capolavoro!".

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