I cinghiali? Più d'un milione in tutta Italia. In un anno hanno causato danni per cento milioni. Ed ora c'è chi li vuole sterminare. Col lanciafiamme.
La soluzione finale che mira a risolvere i problemi derivanti dall'invasione degli ungulati è stata proposta dal sindaco Pd di Ancona, Valeria Mancinelli. «Il lanciafiamme ci vuole. Vanno sterminati. Anche se sicuramente ci saranno degli ambientalisti cretini che protesteranno, non possiamo permetterci di non fare nulla», ha detto il primo cittadino anconetano nel bel mezzo d'una riunione sul tema, lasciando di sasso il presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli. Contrario a spargimenti di sangue e favorevole invece al ricorso alla genetica, «per non estinguere il cinghiale marchigiano, buono da mangiare e poco prolifico», ha precisato lo stesso Ceriscioli, puntando il dito sulle specie d'oltre confine, in una sorta di nazionalismo suino che ha ottenuto il via libera di Italia Nostra. Pronta ad aprire il fuoco sulla Mancinelli, «vittima di un momentaneo colpo di calore», ma d'accordo «su un'azione mirata e scientifica».
Qualcosa si farà. Ma nelle Marche come nel resto del Paese è corsa contro il tempo. Con gli artiodattili che si riproducono più veloci del tiro delle doppiette schierate per decimarli: secondo l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dai 600.000 esemplari contati sul territorio nazionale nel 2005 si sarebbe passati ai 900.000 del 2010, fino a sforare il milione nel 2015, con presenze più o meno diffuse nel 95% delle province. In condizioni normali, ogni femmina partorisce una decina di cuccioli l'anno, solitamente tra aprile e maggio. Ma la sovrabbondanza alimentare può portare ad un secondo parto (una costante nel caso di incroci impuri con maiali), con una moltiplicazione esponenziale aggravata nei suoi effetti dalla maggiore capacità di adattamento che caratterizza gli animali provenienti dall'estero, in particolare dai Carpazi, da dove furono importati negli anni Sessanta per garantire un avvenire al popolo dei Suini nostrani, agli inizi del Novecento quasi estinto. Adesso che il fenomeno è fuori controllo, è allarme rosso. «Tra distruzioni dei raccolti, assalti alle stalle e incidenti stradali, nel 2014 s'è dovuto far fronte a danni attorno ai 100 milioni», stimano dalla Coldiretti, parlando di «emergenza nazionale» e di «rischio per la sicurezza delle persone», come drammaticamente testimonia la morte di Salvatore Rinaudo, l'anziano ucciso ad agosto da un branco di cinghiali tra i viali della sua casa colonica a Cefalù.
Allora si corre ai ripari. In Liguria, dove sotto il Solleone si sono ritrovati gli ungulati tra gli ombrelloni di Santa Margherita Ligure e sulle sponde del torrente Bisagno, nel cuore di Genova, la Regione ha presentato un piano di abbattimento straordinario, in deroga alla legge che consente la caccia solo tra il primo ottobre ed il 31 dicembre. Con 8.500 capi da abbattere nel genovese, 8.043 nella provincia di Savona, 4.500 in quella di Imperia ed altri 3.200 nello spezzino. E così, con cifre diverse ma obiettivi identici, anche in Sicilia, Campania e altrove. Praticamente ovunque. Come già in passato, con risultati però mai definitivi. «Servono più lupi, gli unici predatori dei cinghiali.
Ne sono censiti un migliaio. Pochi, per una preda che in un anno può raddoppiare di numero», graffia il Wwf, prospettando un altro possibile rimedio. L'ennesimo, nella battaglia (sin qui) perduta al cinghiale colonizzatore.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.