Due lavoratrici davvero esemplari.
La prima: una capostazione dell'Atac (la disastrata Azienda dei trasporti municipali romani) che, invece di controllare i viaggiatori sui mezzi pubblici capitolini, si preoccupava di controllare solo il lussuoso B&B che gestiva alle Canarie. Un andazzo che andava avanti da oltre un anno grazie a una serie di certificati taroccati. E la giostra avrebbe girato ancora chissà per quanto, se la signora non si fosse tradita nel sistema più «tafazzesco»: cioè pubblicando sui social le foto della sua bella vita in stile «riccanza». Scoperta, è stata denunciata per truffa e dovrà restituire (sì, campa cavallo) tutti gli stipendi indebitamente incassati.
La seconda: un'ufficiale giudiziaria di Alessandia arrestata con l'accusa di peculato per «essersi intascata i soldi di procedure di pignoramento da lei seguite per ragioni legate al suo ruolo professionale». Peccato che la funzionaria, i soldi pignorati, invece di depositarli nelle casse del tribunale, li custodiva sotto il materasso di casa sua. Anche lei aveva una spiccata predilezione per i viaggi esotici, ma non disdegnava shopping compulsivi e consulti esoterici presso «noti» operatori dell'occulto, forse per sapere se la polizia l'avrebbe scoperta o no; cosa che puntualmente è accaduta, con tanto di manette ai polsi al posto dei braccialetti anti-iella.
La donna, secondo gli inquirenti, «in più circostanze si era intromessa di propria iniziativa in procedure di pignoramento, tra debitori (che versavano in condizioni economiche di particolare difficoltà) e creditori, sollecitando accordi tra le parti per il pagamento rateizzato degli importi». «Tuttavia - riferisce La Stampa, citando fonti giudiziarie - l'indagata avrebbe consegnato solo una parte di quanto versato dai debitori, trattenendo per sé (in via temporanea o, talvolta, definitiva) delle somme che poi impiegava per foraggiare il proprio stile di vita, ben al di sopra delle possibilità economiche di un normale dipendente pubblico».
Successivamente all'interrogatorio di garanzia, l'indagata avrebbe inoltre «iniziato febbrilmente ad adoperarsi per indurre i debitori a rendere dichiarazioni a lei favorevoli in caso di convocazione da parte della polizia». Inevitabile, a questo punto, l'applicazione della misura cautelare disposta dal gip del Tribunale di Alessandria.
Assai più «classico» («un caso di scuola», si potrebbe dire) l'imbroglio messo a punto invece dalla dipendente dell'Atac, rea di aver inviato certificati-fotocopia attestanti una malattia inesistente: tutto per potere gestire senza scocciature una casa vacanza alle Canarie. Ma che senso ha fare la bella vita in quel paradiso se poi non invii su Facebook le foto che fanno schiattare di invidia chi continua a vivere nell'inferno della Capitale?
E così la signora ha inondato di immagini glamour la pagina social, prontamente condivisa dai compagni di lavoro (quelli dell'Atac, non quelli del B&B) che hanno fatto la soffiata «a chi di dovere».
Dall'azienda sono quindi partite le verifiche e la truffa è venuta fuori. A non venire fuori, per ora, sono invece i soldi che per oltre un anno l'Atac ha accreditato sul conto della capostazione, finta malata (ma vera assenteista). Per la restituzione ci vorrà un processo. Passeranno anni. Lei intanto ha già messo le mani avanti: «Ho speso tutto per ristrutturare il B&B alle Canarie». E c'è da crederle. Le recensioni dei clienti ospitati alle Canarie dalla saltuaria (molto saltuaria) lavoratrice Atac sono infatti entusiastiche: «Struttura moderna e funzionale. Panorama fantastico».
Punteggi altissimi da utenti provenienti da tutto il mondo. Ora l'azienda l'ha sospesa avviando la procedura di licenziamento. Ma nel caso (remoto) che dovesse rimetterci il posto, ad attenderla c'è sempre una casa vacanza rimessa a nuovo. A spese dell'Atac, ovviamente.
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