L'Europa bacchetta l'Italia: abortire è troppo complicato

Il Consiglio Ue dichiara ammissibile un ricorso della Cgil sulla violazione dei diritti alla salute delle donne. Il ministero: il numero di medici non obiettori è sufficiente

Patricia Tagliaferri

Roma A quasi 40 anni dalla legge 194, abortire in Italia è ancora difficile e i medici non obiettori di coscienza sono discriminati. È il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa a bacchettare il nostro Paese dichiarando ammissibile un ricorso della Cgil sulla violazione dei diritti alla salute delle donne che vogliono interrompere la gravidanza secondo le modalità previste dalla legge.

Perché nei nostri ospedali è ancora complicato accedere ai servizi di interruzione volontaria e questo spesso costringe le donne a rivolgersi a strutture private se non addirittura all'estero, con tutti i rischi che questo comporta. Del resto i ginecologi che praticano gli aborti sono sempre meno numerosi e penalizzati sul lavoro, mentre sono circa il 70 per cento quelli che rifiutano di effettuarli per motivi etici.

La sentenza risale al 12 ottobre del 2015, ma è stata resa nota adesso alla scadenza dell'embargo che solo il governo italiano avrebbe potuto interrompere. La versione ufficiale fornita dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è più rassicurante: «Non è vero che nelle nostre strutture sanitarie viene violato il diritto alla salute, sono dati vecchi». Per il ministro sono stati presi in considerazione solamente una parte dei dati presentati nell'ultima relazione al Parlamento, che contiene numeri definitivi del 2013 e preliminari relativi al 2014. «Il numero dei non obiettori - sostiene la Lorenzin - risulta congruo rispetto agli aborti effettuati e il carico di lavoro richiesto non dovrebbe creare problemi nel soddisfare la domanda da parte delle pazienti». Ma la Cgil non ci sta e rivendica la correttezza dei dati: «Sono aggiornati e non sono mai stati smentiti». Valutando le prove presentate dal sindacato, e non confutate in alcun modo dal governo italiano, il Consiglio d'Europa ha concluso che in l'Italia il personale medico non obiettore è costretto ad affrontare svantaggi diretti e indiretti in termini di «carico di lavoro, distribuzione degli incarichi e opportunità di carriera». Inadeguate sono state le misure adottate sinora dalle regioni e dalle strutture sanitarie per far fronte alla situazione.

A contraddire la Lorenzin ci pensa Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologi per l'applicazione delle legge 194/78: «L'obiezione di coscienza è in continuo aumento - sostiene - e la situazione dei medici non obiettori, non ovunque ma in molte strutture, è veramente faticosa. Nella maggior parte degli ospedali i primari sono obiettori e solo alcuni fanno rispettare comunque la legge. Anche l'ambiente culturale non facilita, talvolta si fa un uso spropositato dell'obiezione. Recentemente dei colleghi stavano facendo interventi e il personale si è rifiutato di lavare i ferri chirurgici, in altri ospedali i portantini non vogliono trasportare le pazienti o manca l'anestesista.

Molti ginecologi che fanno aborti dopo i 90 giorni, per motivi medici, vengono puntualmente denunciati».

Per il segretario della Cgil Susanna Camusso si tratta «di una vittoria per le donne e per i medici, ma anche per l'Italia».

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