
«Mi sento responsabile, ma non colpevole». Esordisce così, parlando per la prima volta al processo per il crollo del ponte Morandi, l'ex ad di Aspi Giovanni Castellucci, imputato con altri 57 manager, dirigenti e tecnici di Autostrade per l'Italia, Spea (che si occupa delle manutenzioni) e del ministero dei Trasporti per il disastro del 18 agosto del 2018 che costò la vita a 43 persone.
Era la testimonianza più attesa, la sua. Non aveva mai parlato prima, tranne una volta in un'intervista al Corriere della Sera («Per tutti questi anni ho cercato di essere silente perché ho pensato che la verità dovesse uscire in maniera piena e libera»). In una dichiarazione spontanea andata avanti per cinque ore, Castellucci spiega di sentire la responsabilità, in quanto all'epoca era ad della società che gestiva il ponte, «ma la colpa è un'altra cosa ed è quello che dovrà decidere il Tribunale». Ripercorrendo la storia del Morandi e in particolare degli incontri in cui si parlava della sicurezza, negando che fossero stati sollevati problemi in proposito, l'ex top manager si sofferma sulla sospetta spregiudicatezza dell'azienda, e dunque anche sua, relativa al taglio delle manutenzioni per aumentare i dividendi. Assicura che «i costi delle manutenzioni non sono mai calati» e che «sul ponte si lavorava da almeno tre anni continuamente». «Non mi riconosco assolutamente nella visione dell'ingegner Castellucci dedito ai profitti», dice. Resta il fatto che era l'ad di una società che ha gestito il ponte per 50 anni: «Quello che è accaduto non doveva accadere. È stata una tragedia che mi ha colpito nel profondo, che ha afflitto non solo Genova ma tutta l'Italia». L'ex ad di Aspi si è mostrato pentito per le comunicazioni fatte all'indomani del crollo, ammettendo di aver sbagliato il comunicato, «voluto da Consob», in cui la società respingeva le responsabilità. Dopo il disastro Castellucci dice si aver sentito «la frustrazione di non potere essere utile» se non accelerando quello che poteva fare per alleviare le pene di chi soffriva. Dice di aver chiesto che tutte le vittime fossero rimborsate e di aver devoluto ai familiari il suo bonus. «Spero che questi contributi siano andati a buon fine, io non ne so più nulla perché non ho più rapporti con Aspi e Atlantia», sottolinea. Se da una parte sente e sentirà per sempre il peso di quello che è successo, dall'altra dice di sentire «sollievo» perché pensa di «aver fatto sempre tutto quello che doveva e poteva fare, sulla base di quello che sapeva».
Dichiarazioni che scatenano la rabbia dei familiari: «Era responsabile, non può dire non sapevo o non me l'hanno detto», commenta Giovanna Donato. «Castellucci più di molti altri ha un debito con la verità enorme, è l'anello di congiunzione tra questa tragedia e la famiglia Benetton, conosce delle verità che sono state nascoste, conosce l'operato reale di Aspi e Atlantia», sostiene Emmanuel Diaz.
«Sconvolgente che abbia parlato delle manutenzioni: le avranno anche fatte, ma non quelle corrette»,dice Egle Possetti, presidente del Comitato dei parenti delle vittime. Paola Vicini smentisce invece che Castellucci abbia devoluto il suo bonus aziendale a favore delle vittime.
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