L'ex ministro dell'Interno difende la decisione di commissariare per mafia il Comune siciliano

di Illustre ministro (è lui che ho offeso), gentile dottoressa Cancellieri (di cui ho un buon ricordo), avrei sperato che il potere politico, nel quale io ho confidato, fosse in grado di valutare il mio impegno come sindaco contro i luoghi comuni di quell'antimafia opportunistica che ogni giorno di più viene smascherata. Con quale logica sciogliere il Comune di Salemi, e non tutti quelli limitrofi sotto la medesima influenza (politica e non mafiosa)? Accanirsi contro una mafia fossile mi sembrava potesse richiedere una verifica sui fatti da parte del ministro e di una donna intelligente e di buon senso, come io l'ho sempre reputata. Oggi la città di Salemi ha perso tutto il vantaggio e l'immagine che venivano dalla mia sindacatura e non c'è un solo indagato per mafia. Però con somma ingiuria il suo delegato stabilì di precludere proprio a me, estraneo a ogni intesa, la successiva candidatura a Cefalù. In questo quadro di palese ingiustizia ho confidato in un suo intervento non riparatore, ma di verità. E sono stato profondamente deluso.

Ora che i fatti mi danno ragione, vorrei dirle che sono sufficienti le parole di Agnese Borsellino pronunciate in una visita a Salemi, che io avrei voluto trovassero eco nel suo cuore: «Come siciliana sono felicissima della scelta di Sgarbi, sono convinta che comincerà una nuova stagione. Auguriamoci ci siano tanti Sgarbi che possano portare qualcosa di nuovo in altre realtà della Sicilia». A distanza di tempo l'inclemenza dello scioglimento ha ottenuto soltanto l'umiliazione di un paese che con me aveva rialzato la testa. Lei può capire, quindi, la mia delusione, anche personale e, nel mio carattere, la violenza della reazione non contro di lei, ma contro la macchina amministrativa dello Stato che lei non ha ritenuto di fermare. Ho sbagliato ad aggredirla, ma insultavo il potere politico indebolito, non la sua persona. Non voglio giudicarla e sono qua anzi a scusarmi della mia esuberanza, paradossale e certamente irritante; ma lei può capire che non c'è niente di più doloroso, per chi crede nella propria azione e non accetta compromessi di essere accusati ingiustamente. Oggi posso essere «pentito» della sgradevolezza delle mie parole ma la prego di credere che erano solo le dichiarazioni di un uomo deluso. Sono certo che lei avrà agito in buona fede e senza pregiudizio, ma sono altrettanto certo che davanti alla Storia, e anche alla piccola storia di Salemi, il suo è stato un errore. E ritenga queste mie parole non una giustificazione della mia violenza verbale, ma l'espressione di una profonda amarezza che mi ha portato anche agli atteggiamenti scomposti che lei giustamente lamenta. Me ne scuso sinceramente con la persona, ma non posso mutare il mio giudizio sulla insufficienza politica. Le dirò, ne ho anche bastanti prove. Dopo la decisione del Consiglio dei ministri sulla sua proposta, ho parlato con quattro suoi colleghi, miei buoni amici. Nessuno di loro era consapevole o aveva avuto coscienza di essere stato chiamato a condividere lo scioglimento di Salemi. Portarli in tribunale sarebbe una mortificazione per lo Stato.

Uno di loro, a decisione presa, mi ha detto: «Quando verrà in Consiglio la proposta di scioglimento?». Le ho detto tutto. E spero nella sua comprensione, rinnovandole la stima che le ho manifestato come prefetto e come commissario.

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