La lezione del Quirinale per amare l'Italia

Mattarella pronuncia con orgoglio la parola "patriottismo", senza timore di apparire retorico

La lezione del Quirinale per amare l'Italia
00:00 00:00

Amare l'Italia e non un partito. Il senso del dovere come missione quotidiana. Il discorso di fine anno del presidente della Repubblica resterà una pietra miliare nel lungo mandato del supremo garante della Costituzione.

Mattarella pronuncia con orgoglio la parola «patriottismo», senza timore di apparire retorico. E non si lascia imbrigliare da calcoli speculativi al pensiero di urtare quegli irriducibili che associano la parola Patria a una stereotipata destra nostalgica o al programma elettorale di Fratelli d'Italia tanto per essere diretti.

Il capo dello Stato si conferma senza esitazioni come il primo patriota del Paese, non certo per vantare una primogenitura su un valore fondante, ma per condurre gli italiani in un terreno di fratellanza e coesione sociale. Nel discorso a reti unificate, Mattarella ha accomunato gli allievi della Marina militare ai medici del pronto soccorso, gli insegnanti agli imprenditori privati, i volontari ai tutori dell'ordine. E non ha dimenticato quegli stranieri che hanno trovato una Nazione accogliente e generosa: «È patriottismo quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l'Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità. E con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità».

L'estensione del titolo patriottico ai cittadini comuni che vivono nel rispetto delle leggi e del prossimo rappresenta quasi una promozione di massa sul campo. Per anni i programmi didattici di scuole e università hanno elevato al rango di patrioti soltanto le grandi figure che hanno dedicato la loro vita all'unità nazionale. Certo, restano gli eroi che hanno compiuto atti straordinari a beneficio dell'intera popolazione, quasi sempre bruciati dall'estremo sacrificio. I loro nomi segnano piazze e viali, risplendono nei monumenti e nei musei. Questi sì, rappresentano un esempio immortale da tramandare alle generazioni future.

Il monito del capo dello Stato spiazza quell'esercito trasversale di anti italiani che subordina il sentimento per il proprio Paese alla polemica politica. Che gode se l'economia va male, che prova a narrare l'isolamento diplomatico di un Paese che ha ritrovato centralità nel sistema mondiale.

La Patria si serve con tanti piccoli gesti virtuosi, impegno e dedizione, non solo con slanci straordinari che peraltro non vengono richiesti. E il termine «patrioti» deve diventare patrimonio di tutti, senza snobismo e addirittura repulsione perché qualifica la famiglia europea della destra sovranista. È vero anche che il «patriottismo» evocato dall'uomo del Quirinale è stato spesso lasciato al miglior offerente come un orpello fastidioso di un mondo polveroso post risorgimentale.

Il Paese, o la Nazione come preferiscono precisare a destra, va amato e rispettato a occhi chiusi, senza subordinare la passione al gradimento verso quel premier o quel presidente.

Viva il diritto di critica, il dovere di chiedere ai politici uno sforzo visibile per il bene collettivo. Ma i ruoli, ora, potrebbero davvero invertirsi. Il cittadino crea la Patria. E il Palazzo, parafrasando Napoleone, seguirà.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica