Sono feriti ma non sono in pericolo di vita i quattro osservatori Onu della missione di supervisione della tregua Untso coinvolti ieri in un'esplosione durante un pattugliamento a piedi lungo la Blue Line, nei pressi di Rmeish, in territorio libanese ma vicino al confine con Israele.
Si tratta di un australiano, uno svizzero, un norvegese e un cileno, che stavano girando con un cittadino libanese che fungeva da interprete. I feriti sono stati trasportati in in ospedale e, secondo i medici libanesi che li hanno curati, non sono in pericolo di vita, anche se hanno riportato «ferite gravi».
Fin da subito l'agenzia di stampa libanese Nna ha attribuito l'attacco a un drone israeliano ma le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno smentito che questa ricostruzione. «Al contrario di quanto riportato, stamane le Idf non hanno attaccato un veicolo dell'Unifil nell'area di Rmeish», si legge in una nota di Gerusalemme.
«Prendere di mira i peacekeeper - fa notare Andrea Tenenti, portavoce di Unifil, la Forza di interposizione in Libano a guida italiana, per la quale Untso svolge mansioni di supporto - è inaccettabile. Tutti gli attori hanno la responsabilità, sulla base del diritto umanitario internazionale, di evitare di prendere di mira non combattenti, tra cui peacekeeper, giornalisti, personale medico e civili».
Solidarietà ai Caschi Blu feriti arriva dal primo ministro libanese, Najib Mikati, che ha chiamato il capo dell'Unifil, lo spagnolo Aroldo Lazaro, per esprimere vicinanza e per condannare l'attentato. Lo riferisce il quotidiano libanese an-Nahar.
Nel frattempo nella Striscia di Gaza l'esercito israeliano prosegue l'operazione militare nell'ospedale al-Shifa di Gaza City, dove la Forze di difesa israeliane (Idf) assicurano di aver ucciso «altri combattenti» di Hamas e sequestrato armi. Inoltre nella notte Israele ha condotto diversi raid aerei sulla zona centrale di Gaza e Khan Yunis. E a Gaza si muore non solo per le bombe e i proiettili, ma anche cercando di sfamarsi. Cinque persone sono morte e decine sono rimaste ferite nella calca durante la consegna di aiuti nella rotonda Kuwait a Gaza City. Secondo la Mezzaluna rossa palestinese il caos sarebbe scoppiato all'alba: migliaia di persone si erano radunate per l'arrivo di 15 camion carichi di derrate alimentari. I decessi sono stati provocati dalla calca ma in almeno tre casi anche dai proiettili sparati dai militari che dovevano gestire la situazione. Secondo l'Integrated food security phase classification il Nord della Striscia rischia una carestia imminente (ipotesi smentita da Israele, secondo cui l'Ipc «dipende dalle informazioni di Hamas»), mentre Mohamed Nossair, capo delle operazioni della Mezzaluna Rossa egiziana accusa Israele di bloccare l'ingresso di molto materiale fondamentale nella Striscia. «Ogni giorno gli israeliani bloccano tra i 20 e i 25 camion - dice Nossair -. Gli aiuti che arrivano in casse di legno vengono rifiutati senza neanche un controllo, come anche vengono rifiutati i pacchi che non corrispondono alle misure precise imposte dal governo israeliano».
Secondo il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus Israele dovrebbe urgentemente consentire a circa 9mila palestinesi malati che non possono essere curati nelle strutture sanitarie praticamente al collasso di lasciare la Striscia.
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