L'Ilva pronta a chiudere. Ma per rilanciare il Sud il M5s punta sulle cozze

L'azienda: "Così a settembre ce ne andiamo". E la ministra Lezzi: "Il futuro sono i mitili"

L'Ilva pronta a chiudere. Ma per rilanciare il Sud il M5s punta sulle cozze

Siccome era da un po' di tempo che Toninelli e la Castelli, campioni indiscussi di gaffe e figuracce, non regalavano qualche perla, ci ha pensato Barbara Lezzi a ristabilire la media. La Lezzi, perito aziendale impiegata presso Orolforniture Sas di Lecce diventata ministro del Sud per indubbia competenza visto che è del Sud, aveva già dimostrato capacità nella disciplina, tipo quando aveva detto che il Pil italiano d'estate cresce perché la gente accende il condizionatore. Un'altra quando sfidò chiunque «a stendere un asciugamano sopra un gasdotto», ignorando che il Tap passerà a 10 metri di profondità sotto la spiaggia pugliese. Quindi un talento naturale da cui aspettarsi nuove uscite brillanti. E infatti l'altro giorno a Taranto ne ha prodotta una notevole.

Lì c'è la questione dell'Ilva, su cui il M5S sta facendo più danni di un cataclisma. Prima hanno detto che l'avrebbero chiusa, poi hanno cambiato idea e hanno dato il via libera al bando, ora hanno ricambiato idea e - violando gli accordi con ArcelorMittal - non escludono la chiusura («Avverrà il 6 settembre, in assenza di una soluzione» annuncia l'ad di Arcelor Mittal Europa, Geert Van Poelvoorde), che i grillini però chiamano «riconversione economica del territorio» perché suona meglio. Ma tralasciando per un attimo la questione, veniamo alla geniale soluzione proposta dalla Lezzi. Chiude l'Ilva, 14mila posti di lavoro tra dipendenti e indotto, 4,2 miliardi di investimenti già stanziati? Bè dai non facciamone un dramma, ci sono le cozze pelose che vengono su una meraviglia a Taranto. Può sembrare una gag di Crozza, perciò riportiamo letteralmente la dichiarazione della ministra grillina: «È giusto che Taranto contribuisca al Pil nazionale, ma non solo con il siderurgico, può farlo anche con altri investimenti che guardino al futuro. È una bella città di mare di cui si parla solo per l'ex Ilva, ma ha, per esempio, una lunga tradizione nell'attività di mitilicoltura, che non può essere dimenticata». Certo, al posto di un colosso industriale da 2 miliardi di fatturato, si fanno gli allevamenti di cozze, magari pure di vongole, e Taranto decolla. Con una spruzzatina di limone e un bicchiere di bianco secco sono il massimo, vuoi mettere con l'acciaio? Comunque il grande piano di rilancio grillino del Sud non comprende solo la coltivazione dei mitili. Una volta smantellata l'Ilva vogliono anche ristrutturare il centro storico di Taranto con fondi ad hoc e «micro progetti per il settore artigiano» incentivando «veri imprenditori che vogliono investire in uno sviluppo sano, duraturo e sostenibile». Facendo scappare l'unico gruppo industriale che al momento può tenere in piedi lo stabilimento, evento che avrebbe ricadute economiche spaventose - oltre ai miliardi di danni che chiederà ArcelorMittal per violazione dei patti - quantificate dallo Svimez così sugli anni in cui lo stabilimento è rimasto fermo perché sotto sequestro: 3-4 miliardi di euro persi per ogni anno, pari a circa due decimi di punto di ricchezza nazionale.

Alle supercazzole della Lezzi si aggiungono poi quelle di Gianpaolo Cassese, deputato M5s tarantino, soprannominato la «Boschi della Val D'Itria» perché disse che si sarebbe dimesso se una volta al governo Di Maio non avesse immediatamente chiuso l'Ilva.

Cassese, imprenditore agricolo, ha detto che basta industria, Taranto deve diventare «città verde capitale del cleantech», che non si capisce cosa voglia dire ma suona bene. Insomma decrescita felice per il Sud, molto «clean» e accompagnata da un favoloso plateau di cozze pelose.

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