L'Ilva è salva, ribaltato lo stop del Tar

Il Consiglio di Stato boccia l'ordinanza del sindaco che voleva bloccare l'impianto

L'Ilva è salva, ribaltato lo stop del Tar

Il complesso siderurgico di Taranto non si fermerà. Acciaierie d'Italia, la società nata a dicembre dall'unione tra ArcelorMittal Italia e Invitalia continuerà a produrre acciaio. Con una sentenza depositata ieri i giudici della quarta sezione del Consiglio di Stato hanno rigettato la sentenza del Tar di Lecce dello scorso febbraio che confermava la validità dell'ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Quest'ultimo, a febbraio 2020, aveva imposto lo spegnimento dell'area a caldo entro 60 giorni ove non fossero stati riportati entro parametri di sicurezza le misurazioni di alcune emissioni dell'impianto tra cui quelle di diossina.

Il Consiglio di Stato, dopo aver sospeso la sentenza del Tar nel marzo scorso, ieri l'ha annullata evidenziando che «il potere di ordinanza non risulta suffragato da un'adeguata istruttoria e risulta, al contempo, viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione». In particolare, argomenta il verdetto, «non sono stati rappresentati fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l'ordinanza». Analogamente, non veniva giustificato il nesso causale tra il pericolo paventato e l'aggravamento della situazione sanitaria nella città di Taranto, «tale da dover intervenire senza attendere la realizzazione delle migliorie secondo la tempistica prefissata». Le misure previste dal piano industriale di Acciaierie d'Italia, concludono i magistrati amministrativi, «risultano in corso di realizzazione e non emergono particolari ritardi o inadempimenti rispetto alla loro attuazione».

Ora la nuova società, frutto di una partnership tra Stato (Invitalia ha versato 400 milioni ad aprile e detiene il 50% dei diritti di voto) e ArcelorMittal, potrà realizzare i progetti di ammodernamento dell'impianto senza la spada di Damocle della chiusura. Con un comunicato diffuso poco prima della sentenza Acciaierie d'Italia aveva dichiarato di «essere pronta a presentare già dalla prossima settimana, insieme con i suoi partner industriali Fincantieri e Paul Wurth (ex Italimpianti), la propria proposta per la transizione ecologica dell'intera area a caldo». Il piano, di durata pluriennale, è allineato agli obiettivi di compatibilità ecologica stabiliti dall'Unione Europea per i target di impatto climatico ed energetico ed è suddiviso in più fasi tali da consentire la puntuale rilevazione dei risultati raggiunti. L'obiettivo è la produzione di «acciao verde» nel nostro Paese, conclude la società guidata dall'ad Lucia Morselli.

Il nodo più difficile da sciogliere ora è quello occupazionale: poco meno della metà degli 8.200 dipendenti diretti sarà in cassa integrazione straordinaria dal 28 giugno. Contro la Cigs ieri hanno protestato gli operai della fabbrica di Genova.

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