Anche solo il fatto di nominare Gianfranco Fini è una fonte di sofferenza nel mondo della fu Alleanza Nazionale, mandato a rotoli dalle ambizioni personali dell'ex leader travolto dallo scandalo dei Tullianos. La reazione di Giorgia Meloni all'indiscrezione raccontata al Giornale da fonti autorevoli su un contatto con Fini è perciò dura: «Sono fake news diffuse per frenare la crescita di Fratelli d'Italia. Voglio chiarire ancora una volta che non potrà mai esserci nulla tra noi e Gianfranco Fini. Il nostro compito, come tutti ormai sono costretti a riconoscere, è stato ricostruire quello che proprio Fini con le sue scelte aveva distrutto e garantire così rappresentanza alla destra e al suo patrimonio di valori, uomini e idee». Mentre un'altra ex An, l'azzurra Alessandra Mussolini, rilancia l'indiscrezione sui social (commentandola così: «Il ritorno del male assoluto»), il quotidiano di area Il Secolo d'Italia, amministrato dall'ex finiano Italo Bocchino e diretto da Francesco Storace, attacca il Giornale: «È una polpetta avvelenata fabbricata da chi teme i sondaggi che vedono Fratelli d'Italia alle costole del partito azzurro. Sarebbe bastato verificare le pagine social di Giorgia Meloni per avere la certezza dell'impossibilità di una conversazione, quantomeno recente».
Impossibile? Un'altra autorevole fonte dentro Fdi inquadra così la vicenda: «Fini e Fratelli d'Italia sono totalmente incompatibili politicamente, l'ultimo partito che Gianfranco Fini disse di voler votare era quello di Mario Monti, noi siamo sovranisti e contrari a qualsiasi governo tecnico, quindi agli antipodi. Anche al di là delle vicende giudiziarie, è inimmaginabile un dialogo politico con Fini. I finiani? Non esistono più, esistono persone che sono state amiche e vicine a Gianfranco Fini nella sua fase politica che noi non abbiamo condiviso, da Fli in poi. Chi sono? Uno è Della Vedova, che ora è segretario di +Europa. Gli altri sono andati con Alemanno oppure con la Lega, come Giulia Bongiorno, che fa il ministro con Salvini, poi Giuseppe Valditara che fa il dirigente al ministero dell'Istruzione in quota Lega, e poi l'ex deputato finiano Claudio Barbaro, ora senatore eletto con la Lega». Come dire, se proprio volete cercare le ultime trasformazioni della galassia finiana, non cercatele in Fdi ma nella Lega.
Viene esclusa, come ragione di un canale di contatto ancora aperto con Fini, anche la Fondazione An, che gestisce il patrimonio dell'ex Msi-An e nel cui consiglio di amministrazione siedono persone che furono nella cerchia stretta dell'allora presidente della Camera, da Italo Bocchino a Roberto Menia, per fare due nomi. «Fini non ha mai neppure fatto domanda per entrare nella Fondazione, sapendo che l'avremmo rifiutata» ci racconta la fonte Fdi. È vero però che Gianfranco Fini ha provato a rientrare in campo e a riallacciare i rapporti con il suo vecchio mondo. Prima avvicinandosi al nuovo movimento di Gianni Alemanno «Azione Nazionale», poi nel 2016 lanciando un «Comitato presidenzialismo per il NO al referendum», contro la riforma costituzionale renziana, quindi fondando una associazione culturale, «Liberadestra».
Un piano di autorilancio finito nel nulla con l'aggravarsi della posizione giudiziaria di Fini nell'inchiesta sul riciclaggio internazionale che coinvolge la famiglia Tulliani e dove l'ex leader di An è stato già rinviato a giudizio. Un macigno giudiziario, che si somma al fallimento politico, e che fa di Fini, per gli ex An soprattutto, una sorta di appestato della politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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