Ancora polemiche dentro la commissione parlamentare Antimafia che ha sul tavolo l'inchiesta della Procura di Perugia sugli accessi abusivi alle banche dati della Dna. A innescarle le mancate audizioni dei due principali indagati, Pasquale Striano, il finanziere che faceva parte del Gruppo Sos (Segnalazioni operazioni finanziarie sospette) accusato di aver scaricato in modo illegittimo migliaia di file, e l'ex magistrato Antonio Laudati, da poco in pensione, ma fino a poco tempo fa in servizio alla Superprocura. Per entrambi il procuratore Cantone ha chiesto gli arresti, si attende il Riesame martedì. Una parte della Commissione, in testa Forza Italia, vuole sentirli audizione, e accusa di «un colossale conflitto di interesse» il vice presidente M5s Federico Cafiero de Raho, capo della Dna all'epoca di parte degli accessi contestati a Striano. Il parlamentare grillino ha spiegato di non ritenere opportuna l'audizione: «Sentire i due indagati che si sono rifiutati di rendere interrogatorio significherebbe interferire con l'indagine». Del resto, via pec, firmata dalla presidente Chiara Colosimo, è arrivata una mail con un secco no alla richiesta di Laudati di essere sentito in Commissione. «Voglio capire chi c'è dietro ai dossieraggi. Come Antimafia abbiamo il dovere di cercare la verità - dice Raffaella Paita, Italia Viva - Cafiero De Raho, è a conoscenza di elementi che possono aiutarci nel nostro lavoro di approfondimento della vicenda? Io credo di sì, mi stupisce molto che lui non abbia sentito il bisogno di chiarire di più. La nostra intenzione è andare fino in fondo per scoprire i mandanti di questa gigantesca intrusione nelle banche dati. Per questo ho chiesto di risentire il procuratore nazionale Antimafia Melillo, autore di un grande lavoro di ristrutturazione degli uffici della superprocura Antimafia rispetto a quando la guidava De Raho». È stato Giovanni Melillo, del tutto estraneo alle indagini, ad aver rivoluzionato un sistema che, al suo arrivo nel giugno 2022, mancava di regole scritte, la zona grigia in cui avrebbe operato Striano. Ai pm romani ha spiegato di essersi trovato di fatto di fronte a una realtà fuori controllo: «Ho notato che alcuni settori più delicati erano caratterizzati da una sostanziale assenza di regole scritte, finalizzate proprio al presidio delle garanzie per me irrinunciabili di trasparenza, correttezza e obiettività dei criteri di organizzazione». Probabilmente insomma, l'attività del finanziere emersa come «radicalmente abusiva», sarebbe stata «resa evidentemente possibile dalla precedente organizzazione dell'ufficio». Che era in mano appunto a De Raho. Che si difende: «Non capisco cosa c'entro io. Gli accessi abusivi su Crosetto e sugli altri politici di centrodestra sono avvenuti tutti dopo che io ero andato via da sei mesi. Da quattro c'era già il nuovo Procuratore. Io sono vittima della vicenda Striano-Laudati. Lo dimostrano gli atti del procuratore Cantone dove vengo indicato come persona offesa indotta alla firma con falsità». I parlamentari di FI lo accusano invece di «evidenti colpe, quantomeno in vigilando».
De Raho insiste: «Responsabile dell'ufficio Sos era Laudati e l'attività sovraordinata era svolta dal procuratore aggiunto Giovanni Russo. I provvedimenti organizzativi specifici sono agli atti. Anch'io voglio verità e chiarezza senza mistificazioni. Ma non c'è un conflitto di interessi per chi è la vittima».
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