L'incubo di un rebus irrisolvibile: la "maggioranza di interdizione"

Un blocco parlamentare delle forze estreme bloccherebbe ogni via d'uscita

L'incubo di un rebus irrisolvibile: la "maggioranza di interdizione"

L e voci del Palazzo, quelle bene informate, hanno fatto sapere che anche il presidente emerito, Giorgio Napolitano, proprio lui, che pure nella carriera non ha mai mancato di tirare da una parte o dall'altra la Costituzione, è rimasto «sorpreso», per usare un eufemismo istituzionale, per l'atteggiamento del presidente Sergio Mattarella sulla lista dei ministri che i grillini hanno presentato prima del voto. Anche se quella lista è finita solo nel cassetto del segretario generale del Quirinale, in ogni caso si è trattato di un fatto irrituale, che ha dato modo al candidato premier grillino Luigi Di Maio di dar vita ad un evento mediatico, la presentazione del suo governo, che è intervenuto nella campagna elettorale. Insomma, c'è chi avrebbe voluto dal Colle un atteggiamento diverso.

Per il responsabile del Pd nella Commissione Affari Costituzionali della Camera, Emanuele Fiano, i grillini dovevano essere messi alla porta. E un dubbio, l'ha avuto anche chi fa parte del governo, quello vero, che non è neppure dimissionario. «Una mezza follia - si lascia scappare dalla bocca il sottosegretario agli esteri, Benedetto Della Vedova - che non mi spiego. Il tutto per dare modo a Di Maio di fare quella convention allucinante. Qui si rischia che 5 stelle e Lega abbiano la maggioranza, anche perché quest'ultima è favorita nei collegi uninominali».

Finita una campagna elettorale, alquanto strana, che si porta dietro una coda di polemiche, ora cominciano le congetture su un rebus, «come dare un governo al Paese?», che si preannuncia estremamente complicato: potrebbe essere semplificato solo da una vittoria del centrodestra, che gli permetta, però, di avere anche la maggioranza in seggi nei due rami del Parlamento. Se così fosse avremmo un governo guidato o da Antonio Tajani, messo in corsa da Silvio Berlusconi, se Forza Italia si confermasse il primo partito della coalizione, o da Matteo Salvini, se prevalesse la Lega. Appunto, se il centrodestra avesse la maggioranza, grazie a questa sorta di «primarie», inserite nel contesto delle elezioni politiche, tutto sarebbe deciso in pochi giorni. «Vinca Tajani o vinca Salvini - spiega Gianfranco Rotondi - nessuno nella coalizione potrebbe tirarsi indietro o dire abbiamo scherzato». Ma se così non fosse, se al centrodestra mancassero una trentina di voti alla Camera e una quindicina al Senato, comincerebbero le prime complicazioni. La prima strada per risolverle sarebbe quella di trovare i deputati mancanti tra i diversi partiti: tra eletti all'estero, grillini «rinnegati» da Di Maio ancor prima di essere eletti e parlamentari che non vogliono sentir parlare di nuove elezioni, si potrebbero creare negli emicicli di Camera e Senato delle paludi, delle terre di nessuno dove pescare consensi. «Penso - ragiona a voce alta Maurizio Gasparri - che si possano trovare tra i grillini almeno 10 persone normali con cui ragionare. Il presidente dell'Ordine degli Avvocati, Mauro Vaglio, potrebbe essere uno di quelli. O, ancora, ci potrebbero essere altri 10 parlamentari che preso lo scranno vogliono tenerselo ben stretto e non vogliono andare a nuove elezioni ben sapendo che non sarebbero ricandidati. Il presidente del Potenza calcio, dico per dire, già espulso da Di Maio, potrebbe diventare il nuovo Razzi».

Tutto, però, dipende dai numeri. Se alla fine i numeri sul pallottoliere non tornassero, Berlusconi, Salvini e Meloni, ad ascoltare le loro ultime dichiarazioni, punterebbero uniti a nuove elezioni. Ma anche questa è una strada per nulla semplice: se il centrodestra non avesse la maggioranza, in effetti, lo dice la matematica, almeno sulla carta ci dovrebbe essere un'ipotetica maggioranza diversa, - ad esempio, Pd, Liberi e Uguali e 5 stelle - che potrebbe non essere d'accordo su un possibile ritorno alle urne o su come andarci. In via di principio queste forze dovrebbero essere alternative, ma nelle grandi manovre di una crisi non si può mai dire. Del resto la cronaca dell'ultima legislatura lo dimostra: tutti i governi, da quello di Letta, a quello di Renzi o di Gentiloni, sono nati con un unico collante, evitare le elezioni. Inoltre con la decisione di accettare e riporre nel cassetto la lista del governo Di Maio, lassù sul Colle, volontariamente o involontariamente, i grillini sono entrati nel gioco politico. E lo spauracchio 5 stelle potrebbe essere utilizzato per immaginare un governo (ipotesi altamente improbabile), ma anche come arma di pressione per spingere gli altri partiti, recalcitranti, a metterne in piedi uno, il nome, che sia «di scopo» o «del presidente», poco importa. E già, la politica grillina o il suo uso, è un fattore da tenere d'occhio dopo il 4 marzo, specie se i 5 stelle avranno un risultato superiore alle attese. Lo sa bene il segretario del Pd, Matteo Renzi, che infatti paventa scenari apocalittici. «A questo punto - spiega - io ci metterei la firma se il Pd arrivasse al 23%. L'errore lo ha fatto Berlusconi, che ha voluto impostare una campagna elettorale tra lui e di Maio, sottovalutando che nell'elettorato indeciso di sinistra, molti preferiscono il grillino a lui. E dimenticando che dentro il Pd c'è qualcuno che ha tutta la voglia di fare l'accordo con i 5 stelle. Un accordo, che se riescono a far fuori me, è cosa fatta».

Ma se il centrodestra non riuscisse a mettere su un governo, quale sarebbe l'unica ipotesi che potrebbe tenere ai margini i 5 stelle? Bisognerebbe immaginare, ma siamo in piena accademia, un governo di larghe intese, che si muovesse sulla base di un accordo fra Pd e parte del centrodestra, aperto ai Liberi e Uguali versione D'Alema. Solo che anche in questo caso i numeri sarebbero molti ridotti. A meno che non succedesse qualcosa nella Lega, del tipo di quella immaginata su questo giornale una settimana fa da Roberto Maroni. «Francamente - osservò in quell'occasione - mentre vedo gente che dalla Lega potrebbe accettare l'idea di un governo di larga coalizione, non vedo, se mancassero trenta seggi al governo di centrodestra la possibilità che si metta in moto un processo inverso, cioè un numero congruo di parlamentari che dagli altri partiti potrebbero venire da noi».

Ma appunto, siamo all'accademia, perché con l'aria che tira, dalle urne potrebbe anche venir fuori un risultato che potrebbe impedire un governo di larghe intese siffatto: basterebbe che, sommati insieme, i parlamentari delle estreme - dai grillini, ai leghisti a Fratelli d'Italia - dessero vita ad una maggioranza non di governo, ma d'interdizione. Sarebbe un ostacolo insormontabile, che renderebbe il rompicapo del governo da dare al Paese, pressoché insolubile.

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