Le liste della discordia accendono gli animi della campagna elettorale, e le scelte indigeste imposte e poi ritirate - scuotono il Pd. Il caso che tiene banco è quello della viceministra del Mef Laura Castelli, per giorni indicata come sicura occupante del collegio uninominale di Novara scatenando le ire dei dem piemontesi, con tanto di autosospensione dal partito di Saverio Mazza, già responsabile organizzazione Pd Torino. Finché proprio ieri l'esponente di Impegno Civico, cadendo dalle nuvole, si è chiamata fuori: «No grazie, casa mia è Collegno». Il pasticcio però resta, la figuraccia del Pd che aveva tentato di forzare la mano imponendo la fedelissima di Luigi Di Maio (e moglie del suo portavoce, Peppe Marici) in un collegio (tra l'altro tutt'altro che sicuro) pure.
Perché quel nome in quel posto non poteva che far scoppiare un temporale, infuriando la base dem. Intanto perché la Castelli avrebbe scalzato Milù Allegra, storica consigliera comunale dem novarese, la più votata alle elezioni dello scorso ottobre, quintessenza della figura «espressione del territorio», già avvertita dello «scherzetto» dal coordinatore della segreteria nazionale Marco Meloni. E poi perché la viceministra, a giugno 2021, è stata condannata a Torino per diffamazione aggravata di una militante del Pd, Lidia Roscaneanu. In un post del 2016 la Castelli, allora pentastellata, pubblicò una foto di Lidia, candidata per la circoscrizione, con Piero Fassino, insinuando che tra i due ci fossero «legami» non chiari, e scatenando un linciaggio social contro la giovane dem di origini romene. Proprio la Roscaneanu l'altro giorno ha definito «ripugnante» la scelta di Castelli, avvisando che avrebbe nel caso restituito la tessera del Pd: «La mia idea di far politica il suo commento - è del tutto diversa da quella dimostrata ieri da Letta che è solo quella di raggiungere il potere esclusivamente per avere il potere». A ruota era arrivata la reazione di Mazza, che ieri ha accolto con favore il dietro-front dell'ex grillina, ma sottolineandone il «ritardo sospetto».
Anche a Pisa si è rischiata la figuraccia, con i dem locali preoccupati dalle voci che indicavano il leader di SI Nicola Fratoianni candidato nel collegio uninominale di Pisa. Il «trombato» per far posto al numero uno di SI sarebbe stato il costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato uscente e pisano doc. A mettersi di traverso, insieme alla base che minacciava di disertare le urne, è stato il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo, che ieri ha esultato alla notizia della conferma della candidatura di Ceccanti con un commento dal sapore un po' sarcastico: «Sarà una corsa senza paracadute», ha spiegato Mazzeo. Ma il «paracadutista mancato», Fratoianni, ha voluto dire la sua, ricordando di essere pisano pure lui e rivendicando a sé la scelta «di rinunciare a correre per l'uninominale a Pisa». Intanto a Venezia, a dire la sua sulle candidature Pd sgradite ai «locali» è Massimo Cacciari: «Sono liste vergognose. Da Roma hanno candidato Piero Fassino, alla sua settima legislatura, facendo fuori i giovani parlamentari uscenti del territorio». Insomma, un quadro desolante.
Che vede anche i sindaci di Agenda nazionale civica annunciare lo stop all'alleanza con Di Maio e Tabacci per «il mancato rispetto della dignità politica e la totale mancanza di trasparenza nella gestione di questa difficile fase», e un centinaio di giovani militanti di Iv scrivere a Renzi per lamentare che «nessun under30 è stato indicato come candidato di Italia Viva per i collegi plurinominali della Camera dei Deputati».
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