Lasciate perdere i temi, e soprattutto i nomi sgraditi come Arcuri, Bonafede e Azzolina. Del tweet di Matteo Renzi alla fine del fallimentare tavolo convocato da Roberto Fico vanno tenute in mente soprattutto due parole: “ex maggioranza”. Il leader di Italia Viva ha finalmente messo in chiaro ciò che era evidente pure a un bambino: che la maggioranza giallo-rossa è finita, da tempo. Anzi: in realtà non è mai esistita. Mai. Stava insieme con un collante in grado di tenere qualche giorno (la paura di un governo di centrodestra), ma era chiaro che non potesse durare. Eppure da oltre un mese la “ex maggioranza” tiene in ostaggio il Paese in un lungo teatro politico dal titolo: Perdita di tempo.
Con tutto il rispetto per il Quirinale, che il mandato esplorativo di Fico sarebbe finito in farsa lo si poteva capire dalle premesse. Ricordate? Ormai è passato un mese da quando Italia Viva ha iniziato a battere i pugni sul tavolo: critiche alla Azzolina, bordate a Bonafede, attacchi ad Arcuri. E poi il Recovery Fund, la delega ai servizi, la scuola. Poco importa se le rivendicazioni erano fondate o meno. Lo erano per Renzi e per la sua truppa, e questo è sufficiente in una democrazia parlamentare per far mandare all’aria un esecutivo. Quando i nodi della finta maggioranza sono venuti al pettine, i leader dei partiti avrebbero dovuto prendere atto che l’esperienza del Conte bis era arrivata al capolinea. Così come quella di un possibile Conte ter, quater o quinques. Non puoi riproporre la minestra nella speranza che i commensali non se ne accorgano. La politica non funziona così.
La cosa più logica sarebbe stata rassegnare le dimissioni subito, il giorno dopo il ritiro dei due ministri di Iv. Era il 13 gennaio. Il 13 gennaio, capito? Ci sarebbe stato il tempo per trovare una quadra, magari un altro nome per Palazzo Chigi, e ricomporre i pezzi della “non maggioranza”. Invece il premier ha preferito sfidare la sorte: si è affidato a Bettini (che tutti i giornali decantano da mesi come un grande stratega e che invece ha perso malamente la sfida con Renzi) e s’è lanciato alla caccia dei “responsabili costruttori”. Ha conquistato la maggioranza relativa al Senato (anche questa una “non maggioranza”) per grazia di Ciampolillo ricevuta. Poi il 25 gennaio (il 25 gennaio, chiaro?) ha capito che non poteva continuare a far finta di nulla ed è salito al Colle. Intanto i giorni passavano, i morti per Covid aumentavano, i problemi alla campagna vaccinale si moltiplicavano. Senza contare che di Recovery Fund praticamente non se ne parla più. Che Dio ci abbia in gloria.
La “ex maggioranza” s’era già sfasciata da tempo. In questo mese Renzi ha tenuto per le palle, scusate il francesismo, i nemici-amici che non si sono accorti di avere i testicoli in pericolo. Il premier Iv ha costretto Conte a chiedergli perdono in ginocchio, dopo che in Senato il premier gli aveva chiuso la porta in faccia. Ha tenuto il suo gruppo saldo, impedendo al premier di fare campagna acquisti. Ha scelto i tempi della crisi con maestria a ridosso del voto sulla relazione Bonafede, che sapeva divisivo. Ha obbligato Crimi ad aprire ad una trattativa con Italia Viva, dopo che i Cinque Stelle avevano sparato alzo zero contro di lui. E ha pure quasi spaccato il M5S. Il tutto avendo ben chiaro l’obiettivo finale: detronizzare Giuseppi, per puntare al governo istituzionale. Non poteva dirlo chiaramente sin dall’inizio, chi mastica di politica lo sa, ed è incredibile che Crimi e Zingaretti non l’abbiano capito subito. La storiella del “si discute di temi, non di poltrone” era tutta tattica: è normale che in politica si parla di ministeri e sottosegretari. A Renzi serviva solo di non figurare come il killer del governo, ma di trasformarla in una zuffa. Gli “ex alleati” sono caduti nella trappola.
Ecco perché il mandato esplorativo di Fico era del tutto inutile. Lo si era capito dalle lunghissime consultazioni di Mattarella, durate una infinità. Renzi sapeva di poter tirare la corda senza rischio di spezzarla: era forte della convinzione che il Presidente non avrebbe sciolto le Camere. Hai voglia Bettini e Zingaretti a dire "occhio si va al voto" per acciuffare responsabili. Era una finta minaccia. Ogni minuto passato è stato solo un rimandare il de profundis della “non maggioranza”. Come fai a tornare a letto con chi ti ha messo le corna cinque minuti prima? Andatevi a leggere le dichiarazioni di oggi. Crimi: “Da Iv attività ostruzionistica”. Pd: “Rottura insiegabile”. Santillo: “Renzi bimbo che fa capricci”. Saltato il tavolo, è saltato pure il tappo che negli ultimi quattro giorni teneva sopiti gli odi reciproci nella “ex maggioranza”, rendendo inevitabile un governo "di alto profilo". Proprio come sperava Matteo.
Mentre nel “perimetro” del nulla si litiga, comunque, il virus avanza, i morti aumentano, il Recovery va in malora.
Alla fine viene un dubbio: non è che con le elezioni immediate avremmo perso meno tempo? Se ci pensate, dallo scioglimento delle Camere al voto ci vogliono circa due mesi. Dal 13 gennaio ad oggi ne abbiamo già buttato uno, senza arrivare a nulla. Anzi: siamo tornati al punto di partenza. Prigionieri di una “non maggioranza”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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