L'Oms in Cina (un anno dopo). Ma Wuhan rimane off limits

Pechino, che rimette in lockdown 500mila persone, autorizza gli ispettori. L'ennesima farsa del Dragone

L'Oms in Cina (un anno dopo). Ma Wuhan rimane off limits

Un anno e due milioni di morti dopo lo scoppio della pandemia da coronavirus, la Cina di Xi Jinping (nella foto) si prepara, bontà sua, ad aprire le porte ad un'equipe dell'Organizzazione Mondiale della Sanita. Ma, per una strana coincidenza, l'arrivo degli scienziati è accompagnato da un'improvvisa recrudescenza del Covid ricomparso nello Hubei. Nella provincia, confinante con quella di Pechino, è stata imposta una chiusura totale dopo la scoperta di almeno 103 nuovi contagi, il numero più alto dal 30 luglio scorso. Il team di medici e scienziati dell'Oms, atteso in Cina a partire da giovedì 14, è incaricato di scoprire dove nacque il contagio e come e quando il virus passò dal mondo animale alla razza umana. Ma tutti sanno che sarà come cercare un ago nel pagliaio. Con in più una benda sugli occhi. Perché oltre ad annaspare tra le le cortine fumogene frapposte da un regime abituato a considerare la trasparenza una minaccia esistenziale la missione rischia di doversela vedere anche con il fuoco amico. Furono proprio l'Oms, e il suo presidente Tedros Adhanom Ghebreyesus, un vetero-comunista etiope arrivato a quella poltrona grazie alle pressioni dal potente sponsor cinese, a far circolare il tweet con cui 14 gennaio 2020 si smentiva la possibilità di un contagio tra umani. Il tutto mentre negli ospedali di Wuhan si contavano già migliaia di vittime. Ora Ghebreyesus, promette, sempre su twitter un lavoro a stretto contatto con le autorità cinesi e definisce «cruciale» la missione del team. Ma l'enfasi posta sullo stretto contatto con le autorità cinesi fa capire quanto esigue siano le speranze e le possibilità di raccogliere qualche briciola di verità supplementare. Anche perché il coefficiente di trasparenza garantito da Pechino è tutt'altro che migliorato. Solo una settimana fa la missione del team, autorizzata originariamente per i primi giorni dell'anno, è stata improvvisamente bloccata e rimandata in seguito a quello che adesso viene definito un semplice malinteso. Risolti i malintesi resta da capire cosa potranno vedere e fin dove potranno spingersi gli scienziati reclutati dall'Oms. Anche perché prima di poter incominciare a lavorare sul campo dovranno sottoporsi alle due settimane di quarantena imposte da Pechino a chiunque sbarchi sui suoi territori. Il professor MarionKoopmans, un virologo olandese membro della commissione, ha approfittato di un'intervista concessa ad un giornalista cinese per rimarcare che è importante partire da Wuhan dove il grande contagio è iniziato dobbiamo partire da Wuhan perché da lì abbiamo appreso della situazione. Dietro l'insistenza del virologo sulla necessità d'iniziare la ricerca proprio da quell'epicentro sanitario si nasconde la principale incognita, ovvero la disponibilità di Pechino a concedere l'accesso alla città ground zero dell'epidemia. Una disponibilità che nessuno da ancora per scontata e su cui Pechino non si è, fin qui, minimamente sbilanciata. La Commissione sanitaria nazionale cinese si limita infatti a segnalare, in uno scarno comunicato, l'arrivo di una squadra di esperti dell'Oms" incaricati di condurre ricerche scientifiche congiunte assieme a scienziati cinesi sul tracciamento del virus. Ma come tutti sanno in Cina le ricerche congiunte sono sinonimo di stretto controllo.

Anche perché Pechino, pronta a far ripartire la propria economia e approfittare così della recessione causata nel resto del mondo dal suo virus non ha nessuna intenzione di scusarsi. Né, tantomeno, di doversi giustificare.

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