L'Oms annuncia che il 2023 sarà l'anno in cui «l'emergenza sanitaria pubblica terminerà ufficialmente». Sarebbe una notizia meravigliosa se non fossimo già alle prese con nuove varianti sempre più contagiose (Gryphon) con altre che si stanno facendo largo (Kraken) e con il bubbone Cina che potrebbe investire il resto del mondo. I numeri dei contagi e decessi nel Sol Levante sono inattendibili. E la stessa Oms li ha bollati come fuorvianti. «Riteniamo che i numeri attuali divulgati dalla Cina sottorappresentino il vero impatto della malattia in termini di ricoveri ospedalieri, ricoveri in terapia intensiva e soprattutto in termini di decessi», ha dichiarato Michael Ryan, responsabile dell'Oms per la gestione delle emergenze sanitarie che poi ha criticato la nuova definizione «molto ristretta» della Cina di morte attribuita al Covid, affermando che le statistiche non riflettono la ripresa dell'epidemia nel Paese.
In Cina si bara su infezioni e decessi. Ma mentre il governo minimizza sui numeri, esaspera i toni con l'Occidente. La Cina sollecita gli Stati Uniti a non «politicizzare» la pandemia. E la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ribadisce che il suo paese «ha sempre condiviso informazioni e dati con la comunità internazionale in modo responsabile» e si augura che tutte le parti «si concentrino sulla lotta contro l'epidemia stessa, evitino qualsiasi parola o azione che politicizzi l'epidemia e lavorino per sconfiggerla il prima possibile». In pratica, l'Occidente dovrebbe chiudersi occhi e orecchie e accogliere tutti i cinesi, infetti e non che ora possono girare il mondo. Una richiesta snobbata da Usa e Giappone che invece richiedono il tampone negativo alla partenza ma anche dalla Ue, seppure solo in parte. Nella serata di ieri i rappresentanti dei 27 Paesi membri riuniti per l'Icpr, hanno raggiunto un accordo ma solo su alcune raccomandazioni. Raccomandata, e non obbligatoria, la richiesta di un tampone negativo entro le 48 ore precedenti al decollo, come raccomandato è l'uso delle mascherine a bordo, il monitoraggio delle acque reflue negli aeroporti e il rafforzamento dei controlli interni, con test casuali su chi atterra nell'Ue.
Nonostante la visione positiva dell'Oms a lungo termine, ai governi tremano i polsi all'idea che una popolazione come quella cinese sia investita dal Covid come una tempesta. Hanno Omicron, per ora. Ma tra qualche settimana? I radar dei paesi occidentali devono stare in allerta. E servono controlli su controlli per non farsi trovare impreparati. La «stragrande maggioranza» che, secondo un portavoce, era pronta ad adottare i controlli non ha avuto l'unanimità. La differenza tra raccomandazione e obbligo potrebbe essersi giocata proprio sul test all'imbarco con, a quanto si apprende, Austria e Germania capofila dei Paesi con meno voglia di alzare il livello di guardia. Tecnicamente le informazioni sulle varianti presenti nel Paese appaiono, finora, confermare che i sotto-lignaggi presenti in Cina sono quelli già diffusi in Occidente. Solo il 4% di casi è riconducibile alla variante XBB, nota come Gryphon.
Ma per l'agenzia Ue che spingeva per misure più dure, nelle prossime settimane sono attesi alti livelli di infezione in Cina, a causa del basso livello di immunizzazione nel Paese e degli allentamenti delle misure.
Fuori dalla Cina, invece, una delle sottovarianti di Omicron, Xbb.1.5, ribattezzata «Kraken», «originariamente rilevata nell'ottobre 2022, è in aumento negli Stati Uniti e in Europa ed è stata identificata ora in più di 25 paesi».Ma non se ne conoscono ancora i rischi.
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