L'Onu ammette il disastro: "Avanti così e vincerà l'Isis"

L'inviato delle Nazioni Unite: "Se non si arriva a un accordo il Paese collassa. E il tempo non gioca a favore"

L'Onu ammette il disastro: "Avanti così e vincerà l'Isis"

È un monito, ma anche l'ammissione di un disastro. «Daesh vuole che continui la guerra civile. E se la guerra continua è Daesh a vincere». L'inviato dell'Onu Bernardino Leon, negoziatore tra le parti nella Libia dilaniata dalla guerra civile, chiama l'Isis con l'acronimo Daesh, come preferiscono molti rifacendosi al nome arabo del gruppo (al-Dawla al-Islamiya fi Iraq wa ash-Sham), con lo scopo di evitare collegamenti con il mondo islamico e per non riconoscere ai terroristi la creazione di uno Stato, dotato di un'amministrazione e una governance proprie. Eppure le dichiarazioni dell'inviato delle Nazioni Unite confermano che in Libia il fallimento più che una prospettiva sembra già realtà. «Le divisioni nel Paese crescono di giorno in giorno» e «cresce Daesh che è la vera minaccia per il Paese e per la ragione» ammette Leon al termine della Conferenza Stampa organizzata dal gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento europeo. «Se non si arriva a un accordo in poche settimane, il Paese collassa». E le cronache delle ultime ore confermano il quadro di totale instabilità: martedì il fallito attentato al premier di Tobruk, Abdul­lah al-Thinni, e ieri a Tripoli l'agguato al viceministro per le Risorse idriche.

È la fotografia di una Libia lacerata, con due governi e due Parlamenti a Tripoli e Tobruk e, a contorno, oltre duecento milizie, Isis inclusa, e circa 140 tribù in lotta fra loro. L'obiettivo del diplomatico spagnolo, ormai da oltre otto mesi, è quello di arrivare a un governo di unità nazionale. Ma finora solo buchi nell'acqua, con tre bozze di accordo mai trasformatesi in una vera intesa per mettere a tacere le armi. D'altra parte - spiega Leon - l'Isis «sei mesi fa aveva una presenza ridotta solo nell'Est, ora è dappertutto: nel Sud, nell'Est, a Tripoli e a Sirte con unità che sono quasi militari». L'inviato dal Palazzo di Vetro ci riprova e annuncia che l'Onu «sta preparando una nuova bozza di accordo che vorrebbe presentare alle parti nella prima settimana di giugno e in cui saranno bilanciate le aspettative di tutti». Ma anche stavolta l'impresa non sembra davvero alla portata: «È difficile dire se la nuova bozza potrà far arrivare le parti a un accordo nelle prossime tre o quattro settimane. La situazione non è facile, ma c'è una possibilità», che non verrà pregiudicata - ci tiene a precisare - dalla missione navale Ue. «Le parti stanno comprendendo che è inutile continuare un conflitto che non porta da nessuna parte. Non c'è una soluzione militare. La via è solo politica e diplomatica e deve essere libica, con il sostegno della comunità internazionale». Ma occore far presto: «Il tempo non gioca a favore».

E l'Italia potrebbe pagare un prezzo ancora più alto in termini di sbarchi incontrollati dalle coste libiche. Non a caso Leon ricorda l'ovvio: «Le mafie dei trafficanti di esseri umani» prosperano in Libia «perchè c'è il caos» che loro stesse alimentano. Tutti appesi all'ultima possibilità.

In primis Federica Mogherini, Alto rappresentante della Ue per la Politica Estera, che assiste al disastro ma spera: «Dopo tanto lavoro abbiamo bisogno di un risultato». A quel punto, semmai ci si arriverà, «l'Ue è pronta a dare il suo sostegno» per l'emergenza umanitaria.

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