"L'operazione finirà presto". Adesso Mosca ripiega a Est

Il Cremlino: obiettivi raggiunti. Si punta a Mariupol e Donbass. Gli Usa: "Putin recluta altri 60mila soldati".

"L'operazione finirà presto". Adesso Mosca ripiega a Est

«L' Operazione Speciale potrebbe venir completata nel prossimo futuro». Le parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov stanno già accendendo speranze e speculazioni. Molti vi leggono l'intenzione di chiudere prematuramente le operazioni accontentandosi di un raggiungimento solo parziale degli obbiettivi previsti. Anche perché 24 ore prima Peskov ha riconosciuto, per la prima volta, le pesanti perdite subite da Mosca. «Abbiamo significative perdite di soldati e per noi - ha ammesso - è una tragedia enorme».

Malgrado ieri la Cnn abbia riportato quanto detto da una fonte della Difesa americana, convinta che la Russia stia per mobilitare i riservisti, mettendo in campo 60mila soldati che facciano fronte alle gravi perdite subite, molti scommettono su una conclusione delle operazioni entro quattro settimane in grado di far coincidere la fine delle ostilità con quella sfilata del 9 maggio che ricorda - da 77 anni - la vittoria sul Terzo Reich. Una coincidenza suggestiva visto che il regime di Kiev è stato accusato di reincarnare proprio il nazismo. Ma anche in questo secondo atto dell'Operazione Speciale la vera difficoltà russa sarà rispettare il copione. Il primo atto l'ha già dimostrato. La marcia trionfale su Kiev promessa a Vladimir Putin dai consiglieri politici e militari si è arrestata alle porte della capitale. E Mosca, come certifica l'intelligence statunitense, ha dovuto chiudere definitivamente quel fronte. A sud e ad est non è andata meglio. Il dispiegamento di decine di migliaia di soldati intorno a Kiev e l'imprevista efficienza dell'esercito ucraino hanno impedito a Mosca di saturare il fronte sud orientale. Quella sottovalutazione strategica ha rallentato la conquista di Mariupol e degli altri territori delle regioni di Luhansk e Donetsk ancora in mano ucraine. E così alla fine è mancata quell'avanzata su Kharkhiv, Dniepr e Odessa che doveva garantire il controllo dei territori a est del fiume Dniepr e di tutti gli sbocchi al mare. Da lì riparte ora un esercito russo deciso a riprendersi tutta la Novorossya, ovvero i territori annessi al regno zarista nel diciottesimo secolo e passati all'Ucraina , come ricorda sempre Putin, solo dopo la rivoluzione d'Ottobre. Ma i piani dei generali devono anche stavolta fare i conti con la realtà sul terreno.

Mosca si affida a truppe logorate da quaranta giorni di duri e sanguinosi combattimenti che ne hanno incrinato morale e determinazione. Quelle ucraine, oltre ad esser più motivate, contano su un flusso di armi e rifornimenti che dopo la fine dei combattimenti intorno a Kiev può agevolmente raggiungere il nuovo fronte. E a far la differenza s'aggiungono nuove forniture di sistemi anti-aerei a guida radar, carri armati e droni tattici. Per non parlare della possibilità di concentrare su un fronte molto più circoscritto i micidiali droni turchi Bayraktar TB2 che hanno seminato morte e distruzione tra le colonne russe. Il tutto mentre le mosse russe sembrano in pieno stallo. Odessa resta a 132 chilometri da quel fronte di Mykolaiv su cui l'offensiva progredisce assai lentamente. Kharkiv, assediata da oltre 40 giorni, continua ad apparire imprendibile. Una staticità che rende improbabile l'avanzata su Dniepro, cuore industriale e politico della Novorossya. Le prossime quattro settimane di guerra potrebbero dunque bastare appena a prendere Mariupol e gli altri territori delle autoproclamate repubbliche di Donesk e Lugansk ancora in mano ucraine. Così, alla fine, i generali russi potrebbero dover rivedere ancora i propri obbiettivi.

A quel punto bisognerà capire, però, se Kiev, e gli alleati della Nato, siano disposti ad accettare un cessate il fuoco proclamato unilateralmente dal Cremlino. Perchè se Kiev decidesse di continuare a combattere e la Nato si dicesse pronta a sostenerla la guerra continuerebbe .

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